PERCORSO DI LETTURA: L’AMIANTO
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06/11/2013Amianto su navi della Marina Militare, 14 a processo: anche capi di stato maggiore
Il dibattimento a Padova inizierà a primavera. Secondo gli inquirenti chi sapeva del pericolo non ha detto o fatto nulla. Tra gli imputati anche direttori generali di sanità militare, comandanti in capo della squadra navale e direttori generali degli armamenti. L’accusa è omicidio colposo per decine di vittime tra il 1984 e il 2001
Il gup del tribunale di Padova ha rinviato a giudizio 14 persone che, a vario titolo, hanno fatto parte dei vertici della Marina Militare durante gli anni Ottanta e Novanta. Sulle navi della Marina c’era l’amianto ma, secondo l’accusa, per decenni, chi sapeva del pericolo non ha detto o fatto nulla mettendo in pericolo la salute dell’ignaro personale della Marina Militare. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Sergio Dini. Il processo inizierà il prossimo 25 marzo. Capi di Stato maggiore, direttori generali di sanità militare, ispettori di sanità, comandanti in capo della squadra navale, direttori generali degli armamenti navali: tutti accusati di omicidio colposoe violazione della normativa antinfortunistica. Ad ogni nominativo, si legge nel capo d’imputazione, sono abbinati decine e decine di marinai morti per amianto o che hanno contratto malattie incurabili “asbesto correlate” tra il 1984 e il 2001. Gli imputati sono Antonio Bocchieri, Francesco Chianura, Guido Cucciniello, Agostino Di Donna, Mario Di Martino, Umberto Guarnieri, Angelo Mariani, Elvio Melorio, Luciano Monego, Sergio Natalicchio, Mario Porta, Filippo Ruggiero, Rodolfo Stornelli, Guido Venturoni.
Secondo la Procura gli ufficiali della Marina e “omettevano di rendere edotto il personale appartenente alla Marina Militare dei rischi per la salute insiti negli ambienti di vita e di lavoro a causa della presenza di amianto tanto all’interno delle navi militari che degli altri ambienti frequentati dagli stessi per ragioni di servizio, oltreché di informarli dei rischi ulteriori prodotti dalle lavorazioni cui erano adibiti, dalle polveri che respiravano e dallo stesso uso di dotazioni di bordo contenenti amianto (guanti, tute e coperte ignifughe)”. Non solo. Per gli inquirenti “omettevano di sottoporre e far sottoporre con regolarità i dipendenti della Marina militare ai controlli sanitari relativi agli specifici rischi esistenti in ambienti di lavoro caratterizzati da notevole presenza di materiali amiantiferi; omettevano di curare la fornitura e di imporre a controllare l’effettivo impiego di idonei mezzi di protezione individuale; omettevano – conclude il pm Dini – di adottare idonee misure atte ad impedire o comunque ridurre, secondo le possibilità della tecnica, il diffondersi di polveri di amianto prodotte dalle lavorazioni e/o dall’uso di dotazioni contenenti amianto”.
Un elenco di omissioni, quello descritto dal pm Dini, avvalorato dalle carte messe a disposizione della Procura di Padova dal presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, legale di alcune delle vittime. Omissioni che a quanto pare partono da lontano. Il quadro, secondo alcuni documenti depositati, era già preoccupante nel 1969. In uno studio scientifico di carattere epidemiologico-statistico ed ambientale effettuato all’arsenale militare di Taranto su 269 persone esaminate, già 27 persone presentavano sintomi di malattie asbesto correlate e per altri 42 casi c’era un’alta probabilità.
Il titolare della cattedra di Medicina del lavoro a Bari nel giugno del 1968 invia una lettera a un generale della Direzione di sanità militare marittima di Taranto, chiedendo di iniziare questo studio epidemiologico e dando ampie rassicurazioni sulla riservatezza dell’operazione. “Le confermo il carattere squisitamente scientifico di tali indagini – si legge nella missiva – i cui risultati non saranno forniti ad organizzazioni sindacali o politiche ma resteranno a disposizione esclusivamente della Direzione di sanità militare marittima”. “Finalmente la magistratura potrà fare piena luce – dichiara Bonanni – su decenni di mancanze da parte degli allora vertici della Marina che siamo riusciti a corroborare anche attraverso la produzione agli atti delle indagini preliminari di foto che testimoniano oggettivamente lo stato di insicurezza nel quale venivano svolte le mansioni lavorative. Oltre che costituirci parte civile come Ona, abbiamo intenzione di chiedere l’autorizzazione a citare la stessa Marina Militare, il Ministero della Difesa e lo Stato come responsabili civili della condotta degli imputati”.
Il 12 novembre, intanto, si aprirà a Venezia il processo d’appello nei confronti di altri 8 tra ammiragli e generali della Marina che il 22 marzo 2012 erano stati assolti dal tribunale di Padova, perchè “il fatto non sussiste”, dall’accusa di omicidio colposo in riferimento alla morte per cancro da amianto di altri due militari.
di Luca Teolato Il Fatto quotidiano