DECALOGO PER UNA SOCIETA’ ECOLOGICA
06/06/2017AMIANTO LARDERELLO: INGIUSTIZIA E’ FATTA
08/06/2017SPECIALE AMIANTO
Fonte: Revista Trabalho & Saude, n. 42, feb. 2017
DENOMINAZIONE, PRODUZIONE E CONSUMO IN BRASILE
Daniele Correia Salzgeber[1], Eduardo Bonfim da Silva[2], Fernanda Giannasi[3]
L’amianto, o asbesto, è un minerale fibroso, noto per i suoi effetti cancerogeni sugli esseri umani, secondo le più importanti istituzioni scientifiche ed entità sanitarie nazionali ed internazionali. Il nome amianto significa indistruttibile, incombustibile, incorruttibile, grazie alla sua resistenza ad alte temperature, alla sua durabilità, al basso costo e all’abbondanza in natura. È ampiamente usato in diversi settori.
Il problema dell’amianto non riguarda solo i lavoratori esposti alle sue fibre microscopiche e letali. Può colpire indistintamente i famigliari dei lavoratori, gli abitanti di aree contigue alle zone di estrazione e di installazioni industriali dove si produce e manipola l’amianto, ed infine i consumatori degli oltre 3000 prodotti confezionati con questo minerale, i più comuni dei quali sono materiali per l’edilizia (tegole, cassoni dell’acqua, pannelli, tramezzi di cemento amianto), prodotti di frizione per autoveicoli (freni, guarnizioni, pasta insonorizzante, rivestimenti del disco della frizione), sigillature e isolanti termici.
Una vasta letteratura medica, prodotta durante il Novecento, sostiene che non esiste modo sicuro per lavorare il minerale o per l’uso di prodotti che lo contengono, e che il modo migliore per eliminare le malattie provocate dall’amianto è proibirlo.
Campagne in tutto il mondo, sostenute tra gli altri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) cercano soluzioni per la cosiddetta “catastrofe sanitaria del Ventesimo Secolo”, a segnalare la gravità del quadro epidemico delle malattie provocate dall’amianto. Il Brasile è uno dei cinque maggiori produttori, consumatori ed esportatori del mondo, insieme ad altri paesi del BRICS, ad eccezione dell’Africa del Sud che ha proibito l’amianto dopo la diffusione epidemica di malattie registrate nel paese che hanno causato alta mortalità tra la popolazione esposta in attività lavorativa e ambientale alle fibre del minerale cancerogeno.
Le tabelle mostrano la geopolitica dell’amianto nel mondo:
MAGGIORI PRODUTTORI | t. |
Russia | 1.100.000 |
Cina | 400.000 |
Brasile | 284.000 |
Kazakistan | 240.000 |
India | 270 |
MAGGIORI ESPORTATORI | t. |
Russia | 492.389 |
Kazakistan | 172.621 |
Brasile | 129.767 |
Cina | 40.511 |
Canada | – |
MAGGIORI CONSUMATORI – BRICS | t. |
Russia | 608.000 |
Cina | 507.000 |
India | 379.000 |
Brasile | 154.000 |
Kazakistan | 68.000 |
Fonte: United States Geological Survey (USGS)
Goias è al momento l’unico Stato produttore dell’amianto bianco, crisotilo, l’unico tipo ancora permesso dalla legge (9055/95), nonostante 8 stati (San Paolo, Rio De Janeiro, Rio Grande del Sud, Pernambuco, Mato Grosso, Minas Gerais, Amazzonia e più recentemente Santa Catarina) e diversi comuni abbiano approvato leggi che ne vietano l’uso. Dati del Ministero del Lavoro indicano che al momento, in Brasile, sono 47 le imprese autorizzate a usare l’amianto, un’industria mineraria (SAMA/GO), due industrie di cloro-sodio (DOW, di Bahia, e BRASKEM di Alagoas), sette società di fibrocemento con un totale di 13 stabilimenti (Eternit, 5 fabbriche negli Stati di Pernambuco, Bahia, Goias e Rio de Janeiro, inclusa la PRECON di Anapolis nello Stato di Goias); INFIBRA, due fabbriche nello Stato di San Paolo; ISDRALIT, due fabbriche a RS/PR; le altre sono: Precon (Minas Gerais), Casalite (Rio de Janeiro), Multilit (PR), Confibra (San Paolo). Altre 31 sono invece imprese di trasporti, manutenzione industriale, di demolizione e di rifiuti. Occupano un totale di 4938 lavoratori.
Se si considerano solo le industrie tipiche di amianto, il numero scende a 3919 lavoratori. Questi dati contraddicono in modo netto i dati statistici – catastrofici e gonfiati – presentati dalle imprese e dai sindacati dei lavoratori (CNTI/CNTA), ferrei difensori dell’amianto, i quali sostengono che sarebbero 200mila i posti di lavoro a rischio con la proibizione dell’amianto.
La documentazione è disponibile nel sito del Ministero del Lavoro http://acesso.mte.gov.br/portal-asbestos/relatorios/empresas-regulares-externo.htm
Dal 1991 al dicembre 2016, lo Stato di San Paolo ha registrato 196 imprese, per un totale di 13.725 lavoratori occupati. Attualmente sono solo 12 le imprese registrate, e solo 4 di esse dedite alla produzione di amianto, con un totale di 532 lavoratori, in violazione a quanto determinato dalla Legge 12.684/2007 che ha proibito l’amianto sul territorio dello Stato. Per il resto, si tratta di attività di base, che permarranno in funzione anche con la fine dell’uso dell’amianto e che sono previste nella citata legge di proibizione, purché le attività si mantengano, in modo comprovato, sotto il limite della tolleranza di 0,1 fibre per centimetro cubico (f/cc). Tre di queste imprese abbandoneranno l’uso dell’amianto entro il 31/12/2017, secondo la TACs (termine di Regolamentazione di Condotta) e rappresentano un totale di 526 lavoratori.
C’è un ricorrente e fallace dibattito rispetto al numero dei posti di lavoro generati dalla catena produttiva dell’amianto, che causa attriti tra politici e governanti, terrorizzati al solo pensiero della catastrofe della disoccupazione, in un paese che fa di tutto per ridurne i suoi indici allarmanti!
La lobby dell’amianto include, nelle sue statistiche apocalittiche, i lavoratori dei trasporti, della manutenzione dei freni, del commercio, dell’edilizia e altri ancora, che possono essere esposti o meno alle fibre, non essendo, perciò, generati dalla catena produttiva del minerale cancerogeno.
Il costo sociale dell’esposizione all’amianto nel lavoro e le sue conseguenze epidemiologiche
Non c’è dubbio scientifico sulla cancerogenicità dell’amianto secondo l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).Secondo le stime dell’OMS, 125 milioni di lavoratori in tutto il mondo sono esposti all’amianto nei luoghi di lavoro. Sempre secondo l’OMS, migliaia di morti possono essere attribuite attualmente all’esposizione ambientale all’amianto, alla quale tutti noi esseri umani siamo soggetti, a causa delle proprietà aerodinamiche di queste tenui fibre che percorrono chilometri di distanza e che possono colpire diversi organi del nostro corpo, principalmente quelli del tratto respiratorio.
Secondo queste stime, più di 107mila lavoratori muoiono ogni anno per le malattie connesse all’amianto, tra le quali:
Asbestosi – irrigidimento del tessuto polmonare, che provoca accentuata e progressiva mancanza d’aria e che può provocare morte per asfissia;
Tumore polmonare: una su tre morti per cancro provocato da lavoro nocivo è associata all’amianto. Il tempo di esposizione e la più alta concentrazione di fibre, aumentano la possibilità della sua comparsa, ancor più alta se associata al tabagismo;
Mesotelioma: tumore maligno, incurabile e di prognosi oscura, il cui principale agente è l’amianto. Porta alla morte la maggioranza delle sue vittime in meno di un anno dalla sua diagnosi. È chiamato cancro dell’amianto. Può colpire le membrane sierose come la pleura (che riveste il polmone), il peritoneo (parete addominale) e il pericardio (cuore);
Altre malattie maligne attribuite all’amianto: tumore dell’ovaio, della laringe e dell’apparato digerente.
Malattie non maligne attribuite all’amianto: placche, atelettasia, ispessimento della pleura e altre malattie della pleura.
Benché le statistiche ufficiali brasiliane non riflettano il quadro reale della malattia tra la popolazione esposta all’amianto per lavoro o per prossimità ambientale, generando invisibilità sociale o silenzio epidemiologico, alcuni indicatori già preannunciano che avremo in breve un quadro simile a quello che si è verificato nei paesi sviluppati economicamente e dove esistono dati più certi relativi all’epidemia delle malattie provocate dall’amianto, come nei casi di Australia, Inghilterra, Rancia, Paesi scandinavi e Italia.
Nonostante la comunicazione dei dati di Malattie associate all’amianto (DRA), secondo il bollettino epidemiologico del Ministero della Salute (2014) sono stati registrati nel Sistema Unico di Salute (SUS), tra il 2008 e il 2011, 25.093 casi di tumore provocati dall’amianto e, nel periodo dal 2000 al 2011, 2.400 decessi causati da mesotelioma, i quali sono stati comunicati al Sistema Informatizzato di Mortalità del SUS (SIM). Il 43% di questi casi sono stati registrati nella regione del Sudest.
Tale invisibilità sociale dipende da diverse ragioni, tra le quali la mancanza di medici e di centri specializzati per la realizzazione di esami e diagnosi di elevata complessità, al di fuori dell’asse Rio-San Paolo, ma soprattutto dagli accordi extragiudiziari firmati dalle imprese per nascondere i dati al governo e alla società nel suo complesso.
I costi dei ricoveri e delle cure del mesotelioma sono sottostimati e meriterebbero una osservazione più attenta da parte dei gestori pubblici della salute, come accade in altre parti del mondo dove l’amianto è stato usato intensamente dalla fine del XIX secolo, quando era ancora conosciuto come il “minerale magico”. Questi costi aumentano di anno in anno, proporzionalmente all’aumento della capacità di diagnosi del SUS e all’incalzare dell’esercizio di vigilanza sull’operato del governo svolto dalle organizzazioni sociali.
Nel periodo compreso tra il 1995 e il 2007, ci sono stati 4.264 ricoveri per mesotelioma. Il valore totale speso dal SUS, in questo periodo è stato di 4,76 milioni di reali, cioè 370 mila reali all’anno (secondo i valori attuali, parliamo di qualcosa vicino agli 8,50 milioni di reali in totale). A conferma di questi costi vertiginosi, sono stati spesi 292 milioni di reali per il trattamento chemioterapico, chirurgie oncologiche, ricoveri in terapia intensiva, esclusi i trattamenti ambulatoriali, che in valori attuali rappresentano 448 milioni di reali spesi dal già stremato sistema pubblico di salute.
Sono state firmate più di 5000 conciliazioni extragiudiziali tra le due principali imprese del ramo dell’edilizia, Brasilit ed Eternit, e gli ex-dipendenti, e i dati epidemiologici sono sommersi in un immenso iceberg. Lavoratori senza assistenza sindacale e senza assistenza da parte delle associazioni delle vittime.
Non c’è perciò modo di difendere l’indifendibile amianto e il suo impatto sulla salute e sull’erario, il cui danno è socializzato tra la popolazione contribuente, mentre il profitto di questa nefasta attività è capitalizzato dalle imprese che difendono la fibra cancerogena.
Mobilitazione e Organizzazione della classe lavoratrice: associazioni, reti, incontri, manifesti e seminari
Al momento 70 paesi hanno deciso di proibire la produzione e l’uso di prodotti a base di amianto, grazie alla massiccia pressione sociale. Troviamo anche i nostri vicini tra di loro: Argentina, Cile e Uruguay. Nel dicembre del 2016, il Canada, che è stato il maggior produttore e esportatore di amianto, ha annunciato la messa al bando a partire dal 2018.
La proibizione dell’amianto è un’emergenza nazionale ed è realizzabile sotto tutti gli aspetti poiché esistono prodotti alternativi che lo sostituiscono e che sono manifestamente meno nocivi e a costi compatibili. Tutte le aziende nazionali sono in possesso di tecnologia priva di amianto e i costi iniziali addizionali richiesti per l’impiego di queste nuove tecnologie saranno facilmente compensati con la riduzione delle spese future in diagnosi, cura, ricoveri e indennizzo delle vittime, in costose operazioni di rimozioni dell’amianto e smaltimento finale di questi pericolosi residui provenienti da prodotti che contengono la fibra minerale cancerogena.
C’è una potente lobby parlamentare formata da deputati e senatori di Goias, le cui campagne elettorali da lunga data sono finanziate dall’industria dell’amianto, come è stato ampiamente documentato dalla stampa e denunciato dai movimenti sociali. Questa “lobby del crisotilo” impedisce sistematicamente che il dibattito sulla proibizione della fibra cancerogena avanzi nel Congresso Nazionale.
Sfortunatamente, anche il potere esecutivo preferisce chiudere un occhio, non punendo le imprese contravventrici, poiché ci sono forti interessi politici ed economici in gioco nella produzione e uso di questo minerale: si consideri la Braskem del gruppo Odebrecht che è la maggior produttrice di cloro-soda del paese, utilizzando diaframmi di amianto nella elettrolisi della salamoia (sale minerale + acqua). Riguardo alla magistratura, il Supremo Tribunale Federale (STF) da circa 12 anni sta valutando la costituzionalità delle leggi adottate dagli Stati. Qualora ci fosse un arretramento e non fossero mantenute le leggi vigenti negli Stati, ci troveremmo davvero nel flusso contrario della storia industriale moderna, che ogni giorno compie progressi tecnologici. Ciò può seriamente mettere a rischio l’occupazione nelle imprese che hanno sostituito il mortifero amianto e che non sopravvivrebbero alla concorrenza sleale dei prodotti con amianto o simili. Come contropotere, la ABREA, Associazione Brasiliana degli Esposti all’Amianto – organizzazione non governativa senza fine di lucro, dichiarata di utilità pubblica che lotta per la proibizione dell’amianto nel Paese e giustizia per le vittime e i loro familiari e fondata nel 1995 ad Osasco (San Paolo) – ha tra i suoi obiettivi quello di riunire i lavoratori, vittime e tutti gli altri esposti all’amianto, registrandoli e indirizzandoli nella realizzazione di esami medici; di rendere cosciente la popolazione, lavoratori e opinione pubblica, sui rischi derivanti dall’amianto; di proporre azioni giudiziarie a favore dei suoi associati, vittime e familiari; di lottare per il recupero ambientale delle aree degradate dall’industria dell’amianto e divulgare tecnologie e materiali meno nocivi alla salute in sostituzione dell’amianto.
I rischi per l’esposizione all’amianto non sono accettabili né nelle nazioni sviluppate né in quelle di recente industrializzazione.
Inoltre, come già è stato detto, sono disponibili sostituti più sicuri ed appropriati. Una proibizione immediata della produzione e dell’uso dell’amianto è attesa da tempo, è giusta e assolutamente necessaria.
Seminario Internazionale: un approccio sociogiuridico
Il dibattito sull’amianto e le sue conseguenze nefaste per la salute dell’uomo non è recente ed ancora lungi dall’essere esaurito. Dalla metà degli anni Ottanta all’inizio del 2000, prevaleva in Brasile il dibattito sulla possibilità dell’uso sicuro o controllato dell’amianto. Nel 2000, durante il congresso internazionale “Amianto: passato, presente e futuro”, rappresentanti di movimenti sociali di 32 paesi hanno approvato un manifesto denominato “Dichiarazione di Osasco”, impegnandosi nella lotta a favore della proibizione mondiale dell’amianto, dal momento che la sostituzione si mostrava già realizzabile sul piano economico e tecnologico. A partire da questo evento, diverse iniziative legislative hanno spinto a favore dell’approvazione di leggi comunali e statali di proibizione dell’amianto. Le leggi sono state sottoposte a quesiti di costituzionalità nel STF. Nel 2008, nel voto pronunciato durante l’esame del provvedimento provvisorio concesso contro la legge dello Stato di San Paolo (ADIN 3937), l’allora Ministro Cezar Peluso che presiedeva la sessione, si esprimeva così: “esistono, effettivamente, fondamenti perché si intenda come ragionevole l’incostituzionalità della legge federale. In termini concreti, riconoscendo incidentalmente l’incompatibilità della legge federale con gli articoli 6 e 196 della Costituzione della Repubblica, avremmo come conseguenza la proibizione, nel piano federale, dell’uso di questo materiale”. Ma il riconoscimento definitivo dell’incostituzionalità della legge federale ancora non è arrivato.
Nonostante le contestazioni nel STF, le leggi statali e comunali in Brasile continuano ad essere vigenti.
All’evoluzione legislativa, purtroppo, non hanno fatto seguito altre azioni politiche e amministrative che assicurano il suo integrale compimento. Perciò, accade che anche negli stati in cui la sostanza cancerogena è stata proibita, i prodotti che contengono amianto sono liberamente in commercio se non addirittura fabbricati, molte volte protetti da provvedimenti provvisori concessi dal Potere Giudiziario.
Nell’aprile 2008, l’Associazione Nazionale dei Magistrati del Lavoro (ANAMATRA) e l’Associazione Nazionale dei Procuratori del Lavoro (ANPT) hanno presentato la ADIN 4066, infiammando il dibattito sulla costituzionalità dell’articolo 2 della Legge n. 9055/95, che prevede la possibilità di “uso controllato” dell’amianto crisotilo, nonostante la sostanza sia riconosciuta come cancerogena dall’OMS, come già detto, e dalla stessa legislazione brasiliana, che l’ha incluso nella Lista Nazionale di Agenti Cancerogeni per gli Esseri Umani (LINACH).
Nel mezzo della battaglia giuridica disputata nei tribunali ci sono le vittime, migliaia di lavoratori esposti a questo agente cancerogeno e che, decenni dopo l’esposizione, manifestano diversi problemi di salute i quali, non raramente, si concludono con decessi. Questa realtà bussa alle porte della Giustizia del Lavoro, ultima istanza di speranza per questi cittadini, socialmente invisibili ai sistemi di salute e previdenza.
In un giorno e mezzo di intense discussioni (6 e 7 ottobre 2016), si è discusso delle difficoltà ancora presenti nella diagnosi e nella descrizione del nesso causale, poiché si tratta di malattie che possono impiegare fino a mezzo secolo prima di manifestarsi, come nel caso del mesotelioma.
Sulla necessità urgente di proibizione, c’è stata unanimità tra i presenti nell’affermare che già è scaduto il tempo dell’attesa di una decisione che ponga fine a questo flagello socio-ambientale, rappresentato dallo sfruttamento insostenibile e dall’uso irresponsabile e privo di senso dell’amianto nel nostro paese.
Obiettivo principale dell’evento è stato quello allertare la società nel suo complesso, e in particolar modo, i membri delle istituzioni pubbliche delle aree della giurisprudenza, del lavoro, della salute, della previdenza e dell’ambiente, sulla gravità dell’esposizione al cancerogeno amianto, le cui dimensioni sono ancora ignorate in tutta la loro estensione nel nostro paese.
Questo seminario è stato finanziato con fondi provenienti dal TACs (Termine di Regolamentazione della Condotta) firmati dal Ministero Pubblico del Lavoro e trasferiti al DIESAT, associazione scientifico-culturale, educativa e di studi in tema di Salute del Lavoratore per imprese che fanno parte, o hanno fatto parte, della catena economica dell’amianto e che si sono impegnate a sostituire, o hanno già sostituito, l’uso di questo minerale letale con tecnologie alternative. Si tratta di compensazione dei danni causati alla società e della messa in atto del principio che chi inquina paga.
Alla vigilia della data che marcherà definitivamente l’eradicazione dell’amianto nello Stato di San Paolo – il 1 gennaio 2017, in virtù del TACs firmato dal MPT/PRT 15° regione con gli ultimi due gruppi di imprese di fibrocemento recalcitranti, presenti con due fabbriche a Leme e ad Hortolandia, protetti fino ad ora da provvedimenti provvisori in tribunali regionali, contro la Legge 12.648/2007 che ha proibito l’uso dell’amianto sul territorio paulista – il seminario internazionale è servito a coronare questo importante momento storico per la lotta dei lavoratori vittime dell’amianto e dei suoi familiari. L’invisibilità dell’amianto è stato un tema ben sviscerato dal Dr. Ubiratan de Paula Santos, dell’INCOR, Istituto del Cuore dell’Università di San Paolo, perché, come già detto, le statistiche nazionali ufficiali non riflettono la realtà della gravità dell’esposizione alla quale sono sottoposti i lavoratori brasiliani e che posso fuorviare magistrati, politici e opinionisti, attribuendo una pretesa sicurezza dell’uso dell’amianto bianco, o crisotilo, in Brasile e della sua quasi “innocuità”. L’assenza di prove non significa prova di assenza!
I membri della delegazione statunitense hanno sottolineato le difficoltà affrontate nel loro paese nella battaglia per l’eradicazione definitiva dell’uso dell’amianto, soprattutto nel settore automobilistico e in quello della produzione di cloro-soda, che fabbrica i mezzi di produzioni essenziali per l’industria della plastica. Hanno anche evidenziato le principali linee di difesa dei feroci avvocati che rappresentano l’industria dell’amianto nei tribunali americani. Quanto alla diagnosi del mesotelioma, il Prof. Arthur Frank dell’Università di Drexel nel Texas, è stato tassativo nell’affermare che gli esami istopatologici positivi del tessuto pleuropolmonare ed un’analisi attenta del passato lavorativo e ambientale, sono elementi sufficienti a condurre questa complessa diagnosi.
I partecipanti italiani hanno reiterato la loro convinzione che le azioni penali sono fondamentali per l’ottenimento della vera giustizia per le vittime e i loro familiari ed hanno raccontato la loro esperienza nella lotta per l’eradicazione dell’amianto, la decontaminazione dei territori, la ricerca per la cura delle malattie, la conquista dei diritti nel campo della previdenza per le vittime e la recente inaugurazione in Italia del Parco Eternot, costruito sotto le macerie della più grande fabbrica europea del gruppo belga-elvetico Eternit.
La rappresentante portoghese Ing. Carmen Lima, ha presentato il lavoro realizzato in Portogallo per la bonifica dell’amianto negli edifici pubblici, in particolare nelle scuole ed ha sottolineato il silenzio epidemiologico sulle malattie provocate dall’amianto con i pochi dati esistenti nelle statistiche ufficiali. Infine, la rappresentante del Regno Unito, Laurie Kazan Allen, ha tracciato un panorama mondiale dei paesi che hanno già proibito l’amianto, la geopolitica della produzione, l’esportazione e l’uso della fibra cancerogena, settore nel quale si inserisce il Brasile, e la migrazione verso il mercato asiatico dell’eccedente di questa produzione sporca e pericolosa che non viene più accettata in buona parte del pianeta.
Incontro Nazionale dei Familiari e delle Vittime dell’Amianto: LA LOTTA CONTINUA!
L’incontro, che ha avuto luogo nell’Hotel Vila Rica di Campinas, l’8/10/2016, ha permesso la riunione di diversi gruppi di vittime già organizzati nel Paese; tra essi, quelli provenienti da Simões Filho e Bom Jesus di Serra/Bahia, Rio de Janeiro, Osasco e São Caetano del Sud/San Paolo, Recife/Pernambuco, São José dos Pinhais e Londrina/Paraná, Ipatinga e Pedro Leopoldo/Minas Gerais, oltre ai militanti di Santa Catarina e Rio Grande del Sud.
Erano presenti circa 300 rappresentanti di diverse regioni i quali hanno partecipato attivamente ai dibattiti promossi nei diversi gruppi che hanno riunito politici, sindacalisti, attivisti anti-amianto nazionali e internazionali, tecnici, rappresentanti e membri di associazioni di vittime e avvocati. Una grande commozione ha provocato tra i partecipanti l’omaggio alla famiglia di Yura Zoudine, ingegnere Eternit di Osasco, vittima del mesotelioma della pleura. Alla fine, è stata letta e approvata la Lettera di Campinas, con l’indicazione, alle associazioni, di direttive per dare continuità alla lotta per la proibizione dell’amianto e a favore della promozione della giustizia per le vittime e i familiari.
Speciale Amianto
[1] Sociologa, specialista in Salute del Lavoratore e Ecologia Umana (ENSP/FIOCRUZ), laureanda in Servizio Sociale, membro dell’equipe tecnica DIESAT.
[2] Direttore, specialista in Salute del Lavoratore e Ecologia Umana (ENSP/FIOCRUZ), Ricercatore e coordinatore tecnico del DIESAT.
[3] Ingegnere civile e della Sicurezza sul lavoro. Ispettore fiscale del Lavoro, pensionata, fondatrice dell’Associazione Brasiliana degli Esposti all’Amianto (ABREA).
http://www.minersoc.org/EMU-notes.html