Modello energetico, produttivo e agricolo, mobilità, gestione dei rifiuti, infrastrutture e cementificazione, acqua e servizi pubblici locali, salute pubblica e modello partecipativo: sono gli ambiti in cui RE.S.eT. (la Rete Scienza e Territori per una società ecologica) declina 10 punti e78 proposte per fare dell’Italia un Paese a zero emissioni e zero veleni. Proposte contenute nel “Decalogo per una società ecologica“, presentato oggi a Bologna in vista del G7 Ambiente. Il manifesto di proposte è stato redatto e promosso da una rete che conta un centinaio si rappresentanti della comunità scientifica e accademica e da circa 200 associazioni attive in tutto il Paese sul fronte della tutela ambientale. Tra i 100 scienziati firmatari, il presidente dell’Associazione Meteorologica Italiana Luca Mercalli; il gruppo di ricerca di Bologna “Energia per l’Italia” presieduto dal chimico Vincenzo Balzani; il genetista e oncologo Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Health Research Organization di Philadelphia; lo storico dell’Ambiente e merceologo Giorgio Nebbia; i medici dell’Isde – Medici per l’Ambiente e decine di altri esponenti di spicco della comunità scientifica. Tra i promotori sociali, sono circa 200 le associazioni aderenti. Tra esse l’associazione A Sud, la Rete della Conoscenza, il coordinamento nazionale No Triv, il Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, la Rete dei Comuni Virtuosi, l’Istituto Ramazzini, Legambiente, Arci, Fairwatch, Aiea e oltre cento comitati territoriali impegnati nella difesa dei propri territori contro progetti ad alto impatto ambientale e sociale. Il Decologo è parte delle attività promosse dalla società civile in occasione del G7 ambiente e si configura come percorso di convergenza ed alleanza tra società civile e comunità scientifica, con l’obiettivo di imporre nel dibattito pubblico e nell’agenda politica proposte concrete e qualificate per impostare una reale e serrata transizione in senso ecologico dell’economia e della società, il cui portato e la cui validità sono destinate a durare ben oltre le giornate del G7 ambiente ai blocchi di partenza nel capoluogo emiliano.
Nell’ultimo secolo si è imposto e perfezionato un modello di sviluppo mirato unicamente alla crescita economica e all’accumulazione di profitto con una caratterizzazione meramente quantitativa. Ciò che conta è far crescere il Pil il più possibile, controllare il più possibile le risorse naturali, produrre in maniera intensiva abbattendo il più possibile i costi ambientali e del lavoro, consumare il più possibile, smaltire risparmiando il più possibile. Questo sistema ha determinato conseguenze disastrose per la vita del pianeta e delle comunità umane ed ha inasprito le diseguaglianze concentrando la ricchezza in un sempre minor numero di mani. Il mondo appare oggi diviso in due: da un lato chi si arricchisce, appropriandosi di risorse e ricchezze senza limiti; dall’altro chi paga il conto, risultando espropriato di ogni diritto. Alle emergenze sociali prodotte si somma una crisi ambientale globale pervasiva ed allarmante: esaurimento progressivo delle risorse, cambiamenti climatici,alti livelli di contaminazione delle matrici ambientali, gravi impatti sanitari sulle comunità esposte. Tale crisi, diretta conseguenza dell’attività predatoria dell’uomo sul pianeta, è la plateale rappresentazione del fallimento delle scelte politiche dei governi a tutti i livelli: non è esternalità casuale, degenerazione di un processo virtuoso, ma diretto prodotto dell’insieme delle scelte messe in campo, del quadro delle priorità inseguite, del modello di produzione scelto. Le politiche attualmente in campo in termini di sfruttamento delle risorse naturali, di produzione, consumo e smaltimento degli scarti sono del tutto incompatibili con ogni istanza di giustizia ambientale, sociale e democratica. Il nostro Paese si inserisce perfettamente in questo quadro e ne è attore protagonista: nonostante gli impegni assunti dai governi in sede europea ed internazionale, l’intera economia italiana risulta ancora fondata su principi di insostenibilità: il modello energetico è basato in larga parte sullo sfruttamento di fonti fossili; il modello produttivo è fondato su un sistema lineare di sfruttamento dell’uomo e della natura; il modello infrastrutturale è ostinatamente ancorato alla necessità di costruire grandi opere impattanti e dalla dubbia utilità, la cui principale ratio è la distribuzione clientelare di appalti; il modello di gestione dei rifiuti è costruito sull’assunto che l’incenerimento sia parte fondante del processo; il modello sanitario è legato a una visione in virtù della quale si cura (poco e male) chi è malato senza immaginare meccanismi di prevenzione primaria; i processi decisionali risentono di una progressiva tendenza all’accentramento, spogliando le comunità locali e i cittadini di ogni possibilità di consapevole ed attiva partecipazione. Per queste, e per molte altre ragioni, la risposta alla crisi ambientale non può e non deve essere esclusivamente appannaggio della rappresentanza politica e dei soggetti economici privati ma è necessario innescare un meccanismo collettivo di ripensamento della società nella sua integralità: c’è bisogno di un’alleanza tra società civile e comunità scientifica che si ponga l’obiettivo di immaginare un paradigma alternativo di sviluppo e di dotarsi degli strumenti per realizzarlo. Abbiamo moltissime urgenze sulle quali lavorare, e altrettante proposte per farlo. La costruzione di una società ecologica non è più soltanto una necessità ma un’urgenza.
L’Associazione AIEA Onlus Nazionale aderisce e sottoscrive il Decalogo G7M Ambiente:
https://www.youtube.com/watch?v=e93gqFMjTnM