FONDO VITTIME AMIANTO 2017
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03/05/2017In Regione siamo il secondo territorio più colpito con oltre 200 casi; in Italia la malattia uccide ogni anno 4000 persone
di Samuele Govoni
«La maggior parte delle persone, per noncuranza o inconsapevolezza, preferisce non sapere o quantomeno minimizzare il problema. La verità però è un’altra: l’amianto uccide senza guardare in faccia a nessuno».
Non lascia spazio a interpretazioni diverse Alberto Alberti (presidente di Aeac, associazione esposti amianto e altri cancerogeni), la sua affermazione ha una sola chiave di lettura e cioè che bisogna lavorare per bonificare, per acquisire consapevolezza e per far capire a tutti che è ora di rimuovere le coperture che, dai capannoni industriali ai garage in giardino, continuano a rappresentare una minaccia per la società. Ferrara è la provincia con il maggior numero di casi di mesotelioma pleurico (più semplicemente chiamato il tumore dell’amianto) registrati, seconda solo a Reggio Emilia. I dati più aggiornati parlano di 217 casi di mesotelioma nel Ferrarese (295 nel Reggiano). A livello regionale i casi sono 2040 (1477 uomini e 563 donne).
«Sono circa 4000 all’anno i morti per amianto, gente che ci ha lavorato a contatto tutta la vita o che, anche in maniera indiretta, è venuta a contatto con la fibra killer. Sono numeri che fanno paura e la cima non è ancora stata raggiunta: questo dato è dunque destinato a salire. L’anno scorso – sottolinea Alberti – a Casale Monferrato ci sono stati 58 morti in 52 settimane, difficile non fermarsi a riflettere».
Negli ultimi 10 anni, la Regione Emilia Romagna (assessorato alle Politiche ambientali) ha destinato oltre 18 milioni di euro di contributi a pubblici e privati (aziende) per la bonifica. Di questi, 2,7 milioni sono serviti per effettuare rimozioni d’amianto in 20 scuole già mappate dalla Sanità col Piano del 1996, oltre ad altre 52 scuole extra mappatura. Sul totale, 7 milioni sono stati stanziati all’inizio di questa legislatura per gli interventi nelle imprese. Inoltre, in seguito al terremoto del 2012, sono state rimosse e smaltite 6.500 tonnellate di macerie contenenti amianto, con una spesa complessiva di 3,2 milioni di euro. Ma da fare c’è ancora tanto.
«Con Aeac, associazione fondata nel 2011 insieme all’avvocato Zanforlin, la situazione nel Ferrarese è andata migliorando; c’è stata una maggiore sensibilizzazione anche perché fornendo assistenza medica e legale le persone sono incentivate ad approfondire il problema. Dal 2012 – spiega – ci battiamo affinché venga riconosciuta la malattia professionale a chi ne avrebbe diritto, i problemi arrivano quando l’Inail, anche davanti a casi evidenti, non la riconosce. Cosa fare in quei casi? In quei casi bisognerebbe aprire una causa e portare l’Inail in tribunale, azione quasi sempre frenata per motivi economici. Una persona che contrae una malattia così pesante, di fatto mortale, è assalito da migliaia di pensieri, sostentamento della famiglia in primis e la causa passa in secondo piano».
Ma la minaccia dell’amianto è legata anche a tutti quegli edifici in condizioni più o meno precarie, che non vengono bonificati, anche qui principalmente per motivi economici. «A Ferrara ci sono l’ex consorzio in via Marconi e l’ippodromo in via Bologna. In questi siti le quantità di amianto sono importanti eppure sono ancora lì, come il capannone abbandonato a Massa Fiscaglia e altre decine (se non centinaia) di strutture sparse per il territorio. Il pubblico deve fare il possibile ma anche il privato deve capire che non si può più aspettare. Finché vedremo dell’amianto respireremo anche le sue fibre invisibili e, di conseguenza, il rischio di contrarre la malattia sarà sempre reale. Non è questione di essere catastrofisti – chiude Alberti – è semplicemente questione di logica».