SOLDI ALLE REGIONI PER BONIFICA AMIANTO: I DECRETI PER L’ASSEGNAZIONE SONO PRONTI
24/01/2020FONDO PER VITTIME AMIANTO IMPEGNATI IN OPERAZIONI PORTUALI
15/02/2020ILVA IMPUNITA’ E INGIUSTIZIA E’ FATTA
DISPOSITIVO DELLA SENTENZA IV SEZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE DEL 5 FEBBRAIO 2020
ANNULLA SENZA RINVIO LA SENTENZA IMPUGNATA NEI CONFRONTI DI RIVA FABIO ARTURO RELATIVAMENTE AL REATO DI CUI AL CAPO G PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE E DI CAPOGROSSO LUIGI CON RIFERIMENTO AL REATO DI CUI AL CAPO A PER ESSERE IL REATO ESTINTO PER PRESCRIZIONE E CONDANNA GLI IMPUTATI IN SOLIDO ALLA REFUSIONE DELLE SPESE SOSTENUTE DALLA PARTE CIVILE ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO CHE LIQUIDA IN COMPLESSIVI EURO 3500 EURO OLTRE AGLI ACCESSORI COME PER LEGGE.
Il fatto non sussiste e prescrizione del reato per i morti di amianto ex ITALSIDER- ILVA di Taranto! Profonda delusione e amarezza per l’AIEA per la sentenza della Cassazione che ha annullato senza rinvio il ricorso contro gli ex dirigenti Riva e Capogrosso. Annunciato ricorso in sede civile “Esprimiamo la nostra profonda delusione e amarezza per la decisione definitiva della IV Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione, che ha annullato senza rinvio il ricorso contro Fabio Riva e Luigi Capogrosso, gli ex manager ITALSIDER-ILVA, accusati della morte per amianto di due lavoratori”, è quanto hanno dichiarato Maura Crudeli, presidente nazionale e Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di AIEA, Associazione Nazionale Esposti Amianto, parte civile nella lunga e tortuosa vicenda processuale.
“Il fatto non sussiste e prescrizione del reato”: queste le motivazioni addotte dalla IV Sezione della Cassazione, per i quali i due ex dirigenti non pagheranno nessuna pena per la morte di Cosimo Adamo e Vito Ancona, morti per amianto come gli altri 9 lavoratori ex Italsider-ILVA, per i quali si attende il processo in Corte d’Appello a Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, che vede imputati altri due ex manager, Sergio Noce e Attilio Angelini. Ma la Cassazione ha però condannato i due, Riva e Capogrosso, alla “rifusione” delle spese sostenute dalla parte civile Associazione Italiana Esposti Amianto: “Questo è un fatto positivo- hanno sottolineato Crudeli e Aurora- che ci consente di attivare il ricorso in sede civile, in quanto parte lesa nel nostro impegno a difesa del diritto alla salute”.
Riva e Capogrosso erano stati condannati in primo grado nel 2014 a 6 anni, ma erano stati prosciolti in Appello, nonostante la richiesta del PG di condanna a 3 anni e mezzo: su questa sentenza aveva fatto ricorso la Procura di Taranto e le parti civili, fra cui in particolare AIEA.
Ma, la loro posizione era stata stralciata dalla prima udienza in Cassazione del 13 giugno dello scorso anno per omessa notifica: in quella occasione, sempre la IV Sezione Penale aveva appunto deciso il rinvio alla Corte d’Appello di Lecce degli altri due imputati Sergio Noce, condannato in Appello a 2 anni e 4 mesi (9 anni e 6 mesi in primo grado) e Attilio Angelini a 2 anni (9 anni e 2 mesi in primo grado). L’accusa è sempre la stessa, omicidio colposo e omissione dolosa di cautele per i lavoratori esposti all’amianto, la stessa, appunto, per Riva e Capogrosso: una accusa grave, che riguarda l’omissione delle norme di sicurezza, per cui per anni i lavoratori sono stati esposti all’amianto, pur essendoci una legislazione che lo avrebbe impedito se fosse stata applicata!
“ll fatto non sussiste, ancora una volta-sottolineano Maura Crudeli e Fulvio Aurora, assistiti dall’avvocato Stefano Palmisano- sembra prevalere la teoria “negazionista”, per cui non si può individuare l’inizio della cancerogenesi con la conseguente morte dei lavoratori in relazione con la responsabilità di manager e dirigenti aziendali. I reati sono sono prescritti: una mannaia che si abbatte sul diritto alla giustizia delle vittime, una ingiustizia che si somma all’ingiustizia, il reato c’è stato, ma non è più punibile, perchè prescritto! Una mannaia che rischia di abbattersi su tanti processi in corso, da Nord a Sud, per la morte ingiusta di tanti, troppi lavoratori, morti per il lavoro, per l’amianto respirato in fabbrica! Questa vicenda è l’ennesima riprova che il diritto al lavoro va di pari passo con il diritto alla salute. La vicenda in corso per la “salvezza” dell’ex ILVA di Taranto, e il moltiplicarsi delle patologie e morti nel territorio, sono la riprova, oggi più che mai, che occorre garantire i posti di lavoro e contestualmente attuare azioni per la tutela del diritto alla salute”.
La vicenda processuale per i morti all’ex Italsider-ILVA di Taranto è “esemplare” rispetto all’andamento di procedimenti giudiziari simili: furono 27 gli imputati condannati in primo grado nel 2014 a ben 189 anni complessivi, perchè ritenuti responsabili della morte di 31 lavoratori. Adesso, fra prescrizioni, assoluzioni e decessi di imputati, siamo arrivati a soltanto due imputati, gli ultimi: Noce e Angelini, sotto processo a Lecce per la morte di 9 lavoratori. Giustizia sarà mai fatta?