Bologna, 23 febbraio 2018
IMPORTANTE SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sentenza n. 4560/18, emessa il 5 ottobre 2017, depositata il 31 gennaio 2018, Terza Sezione Penale, a carico di Negroni Alberto più altri. (scarica il testo completo della sentenza .pdf)
NB: NEL TESTO SOTTO SONO RIPORTATI IN CORSIVO E VIRGOLETTATI I BRANI TRATTI DALLA SENTENZA.
Si tratta di una sentenza che tocca diversi aspetti rilevanti relativamente ai processi penali per responsabilità colposa di morti per mesotelioma pleurico di lavoratori esposti ad amianto.
Recentemente abbiamo letto in alcune sentenze (di Tribunale e di Cassazione) che – anche se di fatto la gran parte delle decisioni penali in materia concordavano con il fatto che il mesotelioma pleurico è una patologia dose dipendente – non si ritenesse possibile giungere a dichiarazioni di responsabilità penale a carico di dirigenti di aziende succedutisi nella posizione di garanzia nel periodo di tempo durante il quale i singoli lavoratori erano stati esposti, in quanto non si riusciva a stabilire con il dovuto alto grado di probabilità il riferimento soggettivo specifico a ciascun imputato della condotta colposa.
Alla base di questa negazione di responsabilità si era evidenziata la difficoltà nello stabilire sia quando, per effetto della inalazione di una cd dose anche piccola di amianto, si fosse innescato il processo oncogeno, sia di conseguenza la “esposizione successiva” rilevante nella insorgenza della malattia che poi portava agli esiti funesti. Pertanto non vi erano sufficienti elementi probatori per attribuire all’uno o all’altro dirigente la causalità nella determinazione dell’evento.
Questa sentenza, facendo applicazione dei principi del nostro codice penale, rileva che il tema dell’accertamento causale, va posto in termini corretti come segue:
si deve “… stabilire (in presenza di una esposizione alla sostanza cancerogena protrattasi per diversi anni e dinnanzi alla accertata impossibilità, nel caso concreto, di determinare la durata del periodo di induzione e dell’inizio del periodo di latenza) se è necessario, ai fini della affermazione del contributo causale dei singoli imputati, determinare con certezza in quali termini ciascun periodo di esposizione ha concretamente inciso sulla etiologia del mesotelioma”.
La risposta, semplificando, è no.
E questo perché “…in base alla disciplina dettata dall’art. 41 codice penale, vi è una sostanziale equiparazione, sul piano normativo, tra tutti i fattori causali, preesistenti, concomitanti e successivi; sicché la presenza di un determinato fattore esclude gli altri soltanto quando questo sia “sopravvenuto” e “da solo sufficiente a determinare l’evento”. “Tale condizione, secondo l’orientamento accolto dalla giurisprudenza di legittimità, ricorre solo in presenza di un processo causale del tutto autonomo o …. di un processo non completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta”…..
Non è sicuramente il caso di una situazione lavorativa aziendale identica e caratterizzata da una organizzazione del lavoro e ambientale di esposizione illegittima all’amianto protrattasi nel tempo.
“Ed è evidente che essendosi in presenza di fattore causale (l’esposizione a amianto) riferibile ad un medesimo insediamento produttivo, operante in maniera continuativa per diversi decenni, deve escludersi che i periodi di esposizione della sostanza successivi al primo – periodi convenzionalmente frazionati al fine di poterli riferire, secondo le regole della responsabilità penale, ai singoli dirigenti, ma in realtà riconducibili ad un contesto chiaramente unitario – possano essere ricondotti nell’ambito dei menzionati fattori di interruzione del nesso causale.”
“Di conseguenza ne deriva che deve ritenersi la rilevanza etiologica delle esposizioni alla sostanza verificatesi nel periodo in cui i diversi dirigenti rivestivano i ruoli direttivi quali “concause” che, al di là del significativo valore epidemiologico assunto, avevano certamente concorso a determinare la grave neoplasia dell’apparato respiratorio e, conseguentemente, l’evento morte dei lavoratori, soprattutto in quanto si consideri la natura del mesotelioma quale patologia dose-dipendente, questione che la sentenza stessa ritiene ormai non contestabile”.
Perché, viene anche scritto, “… va osservato che a fronte di qualche pressoché isolata pronuncia ….l’indirizzo assolutamente maggioritario in seno alla giurisprudenza di questa Corte ha sostenuto la fondatezza del giudizio fattuale compiuto in sede di merito, secondo cui le esposizioni successive aggraverebbero, comunque, il decorso del processo patogeno, nel senso che il protrarsi dell’esposizione ridurrebbe i tempi di latenza della malattia, nel caso di patologie già insorte, oppure accelererebbe i tempi di insorgenza, nel caso di affezioni insorte successivamente”