CROTONE : ESPOSIZIONE AMIANTO ALL’INPS
02/02/2016LE MEMORIE DI LUIGI CHESSA MORTO DI MESOTELIOMA PLEURICO
06/02/2016Assemblea autoconvocata
Lavoratori ex EniChem esposti all’amianto: intervento di Francesco Tolu
Consentitemi prima di iniziare questa introduzione di ringraziare quei compagni e amici che con me hanno condiviso il senso di questa iniziativa. Ringrazio anche coloro che si sono resi disponibili a fornire informazioni utili alla causa che stiamo portando avanti e anche coloro, pochi per la verità, che hanno negato il loro aiuto. Auguro lunga vita a tutti.
Indipendentemente da questo, la storia la stiamo ricostruendo e gran parte di questa è depositata anche nei tribunali della nostra isola. Un ringraziamento particolare va all’associazione Italiana esposti all’amianto e a Mario Murgia per l’impegno che ha profuso nel corso di questi anni e per il sostegno che sta dando alle vedove e ai familiari delle vittime dell’amianto, senza il loro apporto oggi non saremo qui a parlare di diritti e di giustizia. Grazie a Carmina, per il contributo e la collaborazione che ha dato e sta dando a tutti noi e soprattutto per il coraggio che riesce a trasmettere nei momenti di difficoltà.
Un grazie particolare va a Sabina, presidente regionale di questa associazione, perché nonostante la giovane età, si è tuffata in questa battaglia col cuore ma anche con la determinazione e la tenacia di chi sa di difendere diritti sacrosanti calpestati senza pudore.
Un Grazie a Michele perché puntualmente rende pubblici sulla stampa locale i progressi della nostra azione, a Renzo per aver creduto e sostenuto da subito la giustezza di questa causae grazie anche atutti coloro che pur non essendo presenti ci seguono da casa.Chiedo scusa sin da subito a coloro che non ho citato e sono molti, ma sono sicuro che ne avrei dimenticato comunque altri.
23 anni di giustizia negata, tristemente contrassegnati dalla preoccupazione e dal dolore di molti lavoratori e dai loro familiari.Questi anni hannolasciato segni indelebili, rimangono scolpiti nella nostra mente,sono gli anni di una vita vissuta dentro quella fabbrica e quegli impianti, in cui solo dopo, si è capito il pericolo a cui eravamo esposti.In nome del diritto al lavorospesso abbiamo sposato tesi e ci siamo fatti sedurre, giustificando le più grandi nefandezze, appellandoci al fatto che in fondo in fondo, sì, ci saranno pure pericoli per la salute però almeno si lavora e si porta uno stipendio a casa.
Quante volte abbiamo sentitoquesto assioma e quante altreancora lo sentiremo? La nostra condizione psicologica è la stessa che ci ha portato a giustificare azioni che invece andavano respinte: abbiamo vissuto la stessa esperienza della vittima che nutre sentimenti positivi nei confronti del sequestratore.
Se così non fosse, che giustificazione dare a coloro che solo qualche annofa sostenevano la tesi di far marciare una centrale a carbone in questo stabilimento? La storia non è servita e non ha insegnato nulla. Negli ultimi decenni abbiamo assistito allo spreco di risorse pubbliche e allo scempio ambientale mascherato da nuove iniziative poi miseramente fallite subito dopo il taglio del nastro inaugurale, mentrealtre non hanno mai visto la luce.
In compenso i 100 milioni di euro che dovevano creare 1400 posti di lavoro, giaccionosepolti, nel cimitero della speranza. Ultima beffa per i lavoratori di Montefibre che con le loro lotte avevano strappato quell’impegno come contropartita della chiusura della fabbrica.Erano gli anni d’oro della programmazione negoziata, gli anni in cui a nessuno veniva negato un finanziamento, a volte arrivano anche prima che venisse presentato il progetto, erano gli anni della cuccagna.
Gli unici che ne hanno tratto vantaggio,sono i soliti lestofanti mascherati da imprenditori echi su quelle macerieha costruito la sua campagna elettorale. La storia è questa, visibile a tutti, e ci costringe a ricordarci in modo implacabile gli errori,le distrazioni e i colpevoli silenzi.Accordi di programma, patti territoriali, contratti d’area, sono tutti sinonimo di un mare di soldi buttati al vento, di capannoni abbandonati, di un territorio devastato e di un ambiente stuprato.
Ci sono colpevoli e ci sono vittime, ci sono gli artefici del degrado e ci sono coloro che lo hanno subito; basterebbe organizzare un tour in tutta l’area industriale per vedere lo scempio prodotto.
Il sentimento prevalente è l’indignazione, ma non basta, occorre fare un salto in avanti, l’esigenza di giustizia dei lavoratori, di tutti i lavoratori che hanno operato in questa area industriale, che sono stati esposti, a tante, troppe,oserei dire, sostanze pericolose, le stesse vittime, oggi gridano vendetta.
Non si può negare la giustizia e allo stesso tempo uccidere anche la speranza.
Sentiamo questa esigenza oggi, in modo più marcato rispetto al passato, perché colpiti dal dolore per la perdita di molti nostri compagni che in questi anni sono deceduti. Non sono morti di vecchiaia, NO, sono morti per aver respirato, per essere stati a contatto, per aver manipolato, inconsapevolmente per anni la micidiale fibra Killer chiamata AMIANTO, insieme a tante altre sostanze pericolose e nocive.
Viviamo con la preoccupazione per il nostro passato e anche con la speranza rivolta al futuro di superare indenni i prossimi anni. Gli effetti ormai sono notia tutti, sappiamo perfettamente che possono manifestarsi dopo 25 – 40 anni. Ogni paese conta le sue croci.
Una visita nei cimiteri dei nostri paesi davanti alle tombe di tanti nostri compagni, morti per patologie tumorali,servirebbe a qualcuno, perlomeno a porsi qualche domanda sulle condizioni di lavoro.
Esattamente un mese fa sono stati pubblicati i dati di uno studio del Registro dei Tumori della provincia di Nuoro, i risultati nel periodo compreso tra il 2003 e il 2012 sono drammatici.Stando ai dati che abbiamo letto due settimane fa sul settimanale diocesano L’Ortobene, considerato da molti ilFatto Quotidiano della Barbagia,nei 75 comuni della nostra provincia Nuoro-Ogliastra, sono stati diagnosticati 11641 nuovi casi di tumore maligno.
Possiamo dire che anche i nostri ex compagni di lavoro, che si sono ammalati e sono deceduti nel corso di questi anni, nel silenzio generale, hanno concorso a un triste primato.
Qualcosa vorrà pur dire se i paesi del distretto Asl di Nuoro, hanno l’incidenza di patologie cancerogene più alta tra i maschi delle due province con 2.480 casi tra gli uomini e 2020 tra le donne,mentre nel Marghine si sono ammalati di tumore sempre tra il 2003 e il 2012 – 1.060 uomini e 896 donne. Confrontando i dati dei distretti Asl di Nuoro, Siniscola, Sorgono. Macomer e Ogliastra, il Marghine risulta avere i maggiori casi di tumore globale tra i due sessi e Il Nuorese è al secondo posto.
Non so se avremo potuto fare qualcosa per sottrarli al loro destino, di certo però possiamo affermare che dal punto di vista della prevenzione, niente è stato fatto.
Gli organismi e le strutture competenti hanno fatto di tutto per sottrarsi alle loro responsabilità a partire dalla ASL, negando e ostacolando ai lavoratori esposti all’amianto un servizio di Sorveglianza Sanitaria, diagnosticamente degna di questo nomee soprattutto generalizzata, nonostante tutto questo fosse previsto in un decreto approvato dalla Giunta Regionale Sarda in data 21 Novembre 2006, in cui stanziava 500.000 Euro da suddividere tra le varie ASL, proprio per garantire GRATUITAMENTE questo servizio.
Forse qualcuno è riuscito a sottoporsi a questi esami gratuitamente, ma la stragrande maggioranza dei lavoratori, non ha fatto questi esami e altri hanno dovuto pagare per farli. A sostegno della discriminazione o meglio dell’ingiustizia consumata a danno dei lavoratori di Ottana vi è una relazione, che quasi non riesco nemmeno a definire tale, scritta dalla CON.T.A.R.P. (consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione) del 5 Settembre 2003, ebbene in quella relazione, viene negato tutto.
Mancava solo che scrivessero che ad Ottana non era mai esistito uno stabilimento chimico e il gioco era fatto. In quella relazione di fatto hanno cancellato 30 anni di storia, di lotte e di sofferenza.In quella relazione si afferma che i manutentori meccanici sostituivano e provvedevano alla costruzione di guarnizioni contenenti amianto in una misura inferiore al 10 %.
Purtroppo la realtà era esattamente l’oppostocome risulta dalla relazione fatta da noi 6 mesi prima in cui, riportando l’attività svolta dai manutentori, si attestava una percentuale del 70 %, confermato poi dai livelli di esposizione certificati dalle relazioni mediche.
In quanto a sensibilità, ci vuole davvero un bel coraggio ad affermare queste menzogne. L’unica cosa certa è che gli impianti vennero bonificati dopo la loro chiusura, come risulta dai dati ufficiali in possesso della stessa ASL.
Le bonifiche dell’amianto, iniziarono il 21 luglio del 1992 con la Turbina della T- 200 e successivamente la T-100 esattamente tre anni dopo, il 4 Maggio 95, per proseguire con gli ascensori sempre della centrale termoelettrica nel 95 e l’ultimo nel 96.
Il resto delle bonifiche come risulta sempre dai piani presentati alla ASL fa a pugni con la relazioni di questi geni della prevenzione. Smontaggio delle coperture in eternit dai Box posti fumo 1998. Le scorte a Magazzino delle guarnizioni, teli e cordoni in amianto, verranno smaltiti solo nel luglio del 1998, altro che primi anni 80.
Nel laboratorio centrale la demolizione dell’intonaco a base amianto è stata fatta a fine 1998.
Invece per i reparti Filatura poliestere la bonifica è avvenuta a giugno 1998 e per lo stiro fiocco, tra il 1999 e il 2000.Pensate che nella relazione si afferma che non si sono mai manifestati casi di asbestosi prima del 2003 tra i dipendenti o ex dipendenti EniChem.
FALSO,Luigi Chessa morì il 10 Giugno del 97, esattamente 6 anni prima della firma di questa relazione, colpito da Mesotelioma Pleurico e solo dopo interminabili procedure vennericonosciuta come malattia professionale.
Ecco questo è quanto hanno dichiarato e messo per iscritto i tre consulenti mandati ad Ottana dall’INAIL.
Ebbene quella relazione ha rappresentato un ostacolo insormontabile, una sorta di diga per il riconoscimento dell’esposizione dei lavoratori di Ottana all’amianto. L’unico stabilimento del comparto chimico nazionale, che si è visto negare quanto invece attraverso gli atti di indirizzo è stato riconosciuto in tutte le altre realtà del settore del nostro paese.
Sono passati 23 anni dall’approvazione della legge 257, abbiamo provato diverse strade e l’agire in modo separato non ha certamente giovato alla causa anzi, questo è stato un elemento diindebolimento.
Il sindacato in questo ha le sue responsabilità, coltivare il proprio orto nel tempo potrà aver portato qualche iscritto in più ma, di certo, nell’insieme non ha prodotto alcun risultato. Cataste di domande accumulate nei singoli patronati sono servite solo a aumentare il numero delle pratiche irrisolte.
Le testimonianze portate in tribunale sono state utili per ricostruire i fatti e la storia di oltre 20 anni di esposizione a questa sostanza devastante.
Inconsapevolmente, per anni abbiamo lavorato a contatto diretto con l’amianto, l’abbiamo maneggiato in tutti i modi, sagomato a seconda delle esigenze di dove andava collocato, raschiato, molato, lavorato al tornio, spesso lo abbiamo utilizzato per proteggerci dal calore dalle fughe di polimero, dagli spruzzi di liquidi ad alta temperature come il Dowtherm. Abbiamo utilizzato guanti, tute, coperte e quant’altro fosse utile ad evitare scottature, sempre in amianto,non sapendo che le vere ustioni erano quelle che esternamente non lasciano il segno.
A conferma di ciò basterebbe sentire le testimonianze di coloro che inconsciamente per anni hanno avuto la sfortuna di stare a contatto con queste sostanze.Ho un ricordo degli anni settanta quando arrivarono in fabbrica i Giapponesi, in laboratorio, per la preparazione delle analisi della viscosità questi luminari Giapponesi pesavano ortoclorofenolo in sala bilance senza cappa di aspirazione, se pensate che una sola goccia emanava una puzza micidiale, addirittura da sentirla su tutta l’isola del laboratorio, figuratevi senza cappa di aspirazione. Andati via i Giapponesi, abbiamo operato meglio, per modo di dire, invece di pesare si prelevava ortoclorofenolo con pipetta da una damigiana sotto cappa ma dopo un paio di anni le cappe non aspiravano più. L’ortoclorofenolo serviva per sciogliere i chips a temperatura di 90°C per poi eseguire l’analisi della viscosità, è risaputo che nelle lavorazioni industriali e a certe temperature vi è la formazione di diossine cancerogene.
Questa è la testimonianza di un lavoratore del laboratorio che aveva la convinzione che l’ortoclorofenolo fosse cancerogeno perché sprigionava diossine nel momento che lo prelevava, inconsapevole però che, per tutta la giornata lavorativa,attraverso l’impianto di condizionamento nell’aria veniva diffusa in tutto l’ambiente la polvere d’amianto di cui erano intrise le pareti della sala di condizionamento. Giovannino Moro, che lavorava in quel reparto insieme ad altri 300 lavoratori, senza aver mai visto l’amianto, mori di mesotelioma pleurico,così pure Luigi Porcu di Orani, di Carcinoma Polmonare.
Mentre un manutentore
Quando preparavo le guarnizioni iniziavo la mattina e finivo la sera e se le dovevo molare nessun problema, la mola da banco le polverizzava come fosse gesso, era un lavoro leggero e mi sentivo privilegiato in quanto mi consentiva di stare d’entro l’officina (senza finestre) rispetto a coloro che invece dovevano uscire in impianto in mezzo al rumore assordante.
Un Operatore di produzione
Cambiavamo i pacchi filiera su tutta la macchina di filatura, li prelevavamo dai forni di preriscaldo, spostando i cuscini con i quali i forni erano protetti, solo poi abbiamo scoperto che erano cuscini d’amianto, per due decenni li abbiamo utilizzati per coprire i forni e anche come pouf, perché durante l’inverno erano abbastanza caldi e la cosa non dispiaceva. Quando montavamo i pacchi filiera sulle linee di filatura, dovevamo togliere i cuscini che li coprivano e la cosa che più disturbava non era tanto la temperatura (intorno ai 300° gradi) ma la polvere che da questi cuscini veniva sprigionata, solo dopo abbiamo scoperto che era polvere d’amianto.Le mascherine ancora erano un tabù.
L’amianto era pericoloso ma non era l’unico elemento nocivo per la salute, vi erano sostanze altamente cancerogene come l’acrilonitrile, la dimetilammina, acetato di vinile, olio combustibile (BTZ) olii di ensimaggio vari, di cui non è stata mai fornita la scheda di sicurezza (segreto industriale).
Potrei continuare con questo lungo elenco, ma rischierei di annoiarvi anche perché, per voi queste sono cose familiari, nel senso che le avete vissute direttamente sulla vostra pelle.
Ci voleva l’esposto anonimo e la denuncia dell’AIEA, per mettere al centro dell’iniziativa politica la tragedia che sta investendo il nostro territorio, decine di decessi possono restare impuniti per una giustizia al servizio dei potenti, ma non per la nostra coscienza anzi è proprio la nostra coscienza che ci spinge a chiedere giustizia, moralmente lo dobbiamo a quei nostri compagni che non ci sono più.
In questi giorni durante la fase preliminare per organizzare questo incontro ho parlato con molti di voi e anche con le mogli di alcuni compagni purtroppo deceduti, alla fine delle telefonate la reazione è sempre stata la stessa:andare avanti e non fermarsi.
L’impegno nostro c’è tutto, siamo consapevoli di essere a un punto di svolta, così come siamo consapevoli che solo attraverso un’azione politica congiunta e sinergica questa battaglia potrà avere un esito positivo. Siccome lo scoglio è politico, è in quella sede bisogna trovare risposte e soluzioni.
Qualcosa finalmente si sta muovendo, siamo a conoscenza dell’impegno di alcuni parlamentari sardi che si stanno impegnando in prima persona, e che sono qui oggi.Ebbene ciò che chiediamo a loro non sono privilegi, ma giustizia e diritti, niente di più di quanto concretamente è stato realizzato in tutti gli stabilimenti uguali, Mario Murgia direbbe “gemelli” al nostro.
Riconoscimento dei benefici per i lavoratori di Ottana così come previsti dalla 257 attraverso un atto di indirizzo.
Altro punto importante è il riconoscimento della malattia professionale per coloro che sono o verranno colpiti da malattie asbesto correlate.
Parlare di chimica e di rispetto per l’ambiente a volte può far storcere il naso eppure le due cose potrebbero andare di pari passo senza creare conflitti, certo l’operazione non è né semplice e tanto meno indolore e senza investimenti nulla è possibile. Sarebbe come fare le nozze con i fichi secchi.
Tantomeno ciò è fattibile se non c’è la cultura e la volontà di salvaguardare l’ambiente e le persone che ci vivono. Di recente sono stato in Germania, volutamentesono andato a visitare l’area industriale di Leverkusen,a 30 km da Colonia, dove c’è il più grande stabilimento chimico della Germania, quello della Bayer una delle prime tre aziende a livello mondiale nel settore dei farmaci. A pochi minuti di distanza, c’è lo stabilimento della Ford.
La cosa che mi ha colpito non è tanto la gigantesca dimensione della realtà industriale e le decine di migliaia di persone occupate, ciò che mi ha lasciato senza parole e l’ambiente che c’è attorno a questa realtà. Un enorme impianto industriale circondato dal verde, all’interno di esso un giardino Giapponese metaquotidiana di turisti che vanno ad ammirare quest’oasidi bellezza in ogni periodo dell’anno.
Mi raccontavano che molti turisti visitano Leverkusen solo per ammirare questo giardino, un’evidente dimostrazione del suo straordinario valore. Tutto questo dentro la stessa area verde in cui l’unico confine sono i cancelli d’ingresso ai diversi impianti.
Qui ad Ottana, il verde è marron ed è rappresentato dalle sterpaglie, dall’incuria e dall’abbandono in cui versa l’area industriale. Il verde dei prati viene sostituito dalle decine di ettari di pannelli fotovoltaici rivolti verso il cielo, conl’unico vantaggio che non hanno bisogno di essere innaffiati.
Aldilà dei muri di cinta dello stabilimento l’attività prevalente è costituita dai mezzi che procedono alla demolizione degli impianti ormai dismessi e dai camion stracarichi di acciaio che lo portano verso l’ultima destinazione, le fonderie.
Sul terreno rimangono i segni indelebili della violenza subita e a distanza di anni neanche il vento e l’acqua sono riusciti a cancellarli.
Ci sono foto e filmati che testimoniano quanto sto affermando. Le nuove iniziative, quelle per intenderci, che dovevano dare risposte certe, creare un nuovo sviluppo e risposte alla domanda sempre più crescente di nuova occupazione, attraverso i vari contratti d’area, oserei dire di aria fritta. Si sono distinti per aver prodotto il nulla.
Quando parliamo di bonifiche intendiamo e facciamo un ragionamento a 360°, abbiamo i dati ufficiali relativi alle bonifiche effettuatedall’ EniChem a partire dall’entrata in vigore della legge, come ricordavo prima.Ciò che manca all’appello è quanto è stato fatto e quanto rimane da fare dopo che EniChem ha venduto gli impianti alle altre società.
In particolare parlo degli impianti venduti a: Landa, Aes, Minitow e AT10. Ebbene di questi non sappiamo quando sono stati bonificati, se hanno presentato i piani di bonifica e dove è stato conferito l’amianto.
Attraverso i 19 piani di bonifica effettuati dal 1992 e fino al 2002 sappiamo che EniChem ha smaltito circa 140 Tonnellate di amianto di diverso tipo, alla faccia del ContarpInail come risulta dal formulario e dalle bolle ( parliamo di Crisotilo, Amosite, di amianto friabile, di Eternit,guarnizioni in amianto e baderne).
Per la tipologia degli impianti per quanto riguarda Montefibreipotizziamo una quantità superiore rispetto a quanto già anostra conoscenza. Personalmente ho seri dubbi sul fatto che queste bonifiche siano state effettuate seguendo le procedure stabilite dalla legge, altrimenti mi si dovrebbe spiegare come è stato possibile smontare i macchinari nel reparto AT10 senza aver provveduto precedentemente alla bonifica dall’amianto,che è ancora lì.
A questo proposito, vorrei ricordare i tanti lavoratori delle imprese esterne che dai primi anni hanno operato in tutti gli impianti dello stabilimento e che hanno avuto le stesse esposizioni dei lavoratori ex EniChem. Parlo dei lavoratori della Balzaretti, della Termisol diventati poi Cossu e successivamente Comater, della Settala, della 4 Emme, di Omeipa, della Marras, Di Porcu. Ebbene per loro valgono le stesse leggi e gli stessi diritti.
Ciò che occorre fare con urgenza è una bonifica vera in particolare del suolo, dove, attraverso cavilli vari sono riusciti a seppellire di tutto. A distanza di anni, se andate nella strada esterna perimetrale allo stabilimento, quella che per intenderci porta al TAS passando vicino alla Carton Sarda, superate l’ovile e l’orto lungo la strada e salite su, vedrete ancora in quella discarica a cielo aperto, resti di prodotti chimici che lì venivano scaricati.
Il III° rapporto Sentieri, studio nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di Inquinamento. Preciso che questo e’ coordinato da I.S.S. ( Istituto Superiore di Sanita’). In base a questo studio la Sardegna ha la maggiore estensione nazionale di siti contaminati, complessivamente 447.144 ettari.
Rientrano i siti di Sulcis-Iglesiente-Guspinesenonche’ Sassari-P.Torres e sucessivamentel’Arcipelago della Maddalena, fra i luoghi promossi per le Bonifiche. Da qui è esclusa l’area di Ottana.
Dopo il rapporto recente del registro dei tumori e l’alta incidenza nella nostra provincia, si pone il problema di chiedere alle Istituzioni e alla Comunita’ scientifica una osservazione rapida ed approfondita di tutta l’area, che gravita lungo i confini del fiume Tirso e relativa incidenza delle patologie tumorali.
A questo proposito, vorrei segnalare con estrema urgenza l’unica bonifica che non necessita dell’approvazione da parte della ASL, praticamente si tratta di bonificare il cervello, questo si malato, di quei geni che stanno pensando utilizzare la piana di Ottana come discarica per le scorie nucleari.
Chiudo citando un commento, a un articolo del 16 ottobre 2014 scritto da Matteo Marteddu“Gli anni dellagrande truffa del contratto d’area”, e se lo dice luiequivale a una certificazione ISO, il numero potrebbe essere 100 milioni.
Il commento è di una persona presente aduna riunione a San Donato Milanese. Ebbene durante quella riunionesquilla il telefono, la segretaria informa che è l’uomo che sta seguendo le trattative per la chiusura di Ottana, informa l’a.d. che “Sono stati proposti questi contratti d’area” e inizia a spiegare di che si trattava….. dopo poche parole l’a.d.la interrompe dicendogli: ” Se ci permettono di chiudere tutto, senza accollarci grosse spese, firma tutto, fallo con un certo entusiasmo…. anzi nell’accordo aggiungi anche che come azienda siamo a disposizione per gratuita attività di consulenza sul piano manageriale…. tanto sono talmente coglioni che non ci cercheranno mai”.
Ebbene noi non eravamo presenti a quel tavolo però sappia che siamo ancora qui. Grazie a tutti voi per aver partecipato a questo primo incontro.
Francesco Tolu
Ottana 23/01/2016