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Amianto, in Lombardia ancora 3 milioni di metri cubi da smaltire.
Consulente: “Incognita per lo smaltimento”
L’attuale Piano regionale aveva stabilito le linee guida “per arrivare all’eliminazione entro il 2015″ del materiale da tutti “gli ambienti di vita e di lavoro”. La data sarà disattesa e col nuovo documento, spiega a il Fatto.it il dottor Edoardo Bai, “si rischia di ripercorrere la stessa strada: lo stoccaggio in ex cave trasformate in discariche”. Intanto nella regione c’è la maggior incidenza di casi di mesotelioma pleurico maligno
In Lombardia, a tutt’oggi, non è chiaro che fine faranno i quasi 3 milioni di metri cubi di amianto che ancora devono essere bonificati. L’attuale Piano regionale amianto della Lombardia (Pral), datato 2005, aveva stabilito le linee guida “per arrivare all’eliminazione entro il 2015 dell’amianto presente negli ambienti di vita e di lavoro”.
Quella data sarà naturalmente disattesa, per cui ci si aspetta che un nuovo Piano veda la luce, con una data più in là a meno che Regione Lombardia non voglia considerarsi inadempiente rispetto a termini da lei stessa fissati. D’altro canto, il Pral stabiliva che tutti gli anni fosse scritta una relazione “contente dati statistici, sulla presenza residua di amianto nelle strutture e sui progetti di bonifica in corso e realizzati”. Ma l’ultima è del 2013, poi più niente.
Il dottor Edoardo Bai, chiamato spesso da pm, giudici e avvocati a fare il perito nei casi di avvelenamento da amianto, ha avuto modo di avere qualche anticipazione sul nuovo Piano regionale amianto, presente nei cassetti di Regione e si dice pronto per essere approvato. “Ma l’anello debole rimane” dice Bai, che spiega: “Non si sa come e dove smaltire l’amianto che è da bonificare e la via che rischia di essere percorsa è sempre la stessa, quella dello stoccaggio in ex cave trasformate in discariche. Ma la partita è tutta in salita – termina Bai – perché non c’è alcuna certezza sui siti che potranno essere messi a disposizione”.
Stando all’ultima relazione annuale, tutta la Lombardia è servita da appena tre discariche per un totale di nemmeno 600 mila metri cubi utili. E il primo paradosso è che tra quei siti viene ancora citata la discarica Cavenord di Cappella Cantone, in provincia di Cremona, un impianto prima sottoposto a sequestro giudiziario (perché svelò il sistema corruttivo che coinvolte l’ex vicepresidente del Consiglio regionale, Franco Nicoli Cristiani) poi bocciato dal Consiglio di stato, che nel gennaio scorso ha stabilito l’illegittimità della delibera che autorizzava il conferimento del pericoloso minerale.
Sul fronte delle discariche, del resto, ci si trova spesso di fronte a situazioni bloccate da lunghissimi ricorsi o azioni contrarie, svolte da comitati, associazioni ambientaliste ma anche da politici. Contro la discarica Solter, nel milanese, altro sito presente nella relazione 2013, s’è scagliato niente meno che un assessore della Giunta Maroni ed ex parlamentare della Lega Nord, Massimo Garavaglia. Questi fu per ben 10 anni (dal 1999 al 2009) sindaco di Marcallo con Casone, centro che in linea d’aria dista meno di una decina di chilometri da Busto Garolfo e da Casorezzo, tra i quali avrebbe dovuto sorgere una discarica da oltre 600 mila metri cubi. Ma l’assessore alla partita, quello all’ambiente, Claudia Maria Terzi (sempre Lega Nord), ha già rassicurato l’ex senatore che nella prossima relazione quel sito sarà depennato.
Quindi, non solo comitati di cittadini malati del complesso del “not in my backyard” (ovvero, “ovunque ma non nel mio giardino”) si battono contro lo stoccaggio in piena campagna dell’amianto rimosso da tetti, case e capannoni. Del resto questi gruppi non sembrano essere favoriti dagli eventi e dalla burocrazia. Gli abitanti di Treviglio (Bergamo) che hanno fatto ricorso al Tar contro la Via (Valutazione di impatto ambientale) di Regione Lombardia favorevole all’apertura di una discarica dalle loro parti da 212 mila metri cubi, si sono visti dare torto dal Tribunale amministrativo di Brescia, che ha stabilito che bisognerà leggere l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) “perché – scrive il Tar – le impugnazioni contro il giudizio di Via favorevole non possono limitarsi a lamentare profili di incompletezza dell’istruttoria o figure simili, essendo evidente che l’istruttoria non è ancora conclusa”.
Giuseppe Villani, consigliere regionale in quota Pd, membro della Commissione ambiente di Regione Lombardia e originario della provincia di Pavia, si batte invece contro un mostro da oltre 600mila metri cubi in comune di Ferrera Erbognone, un piccolo centro pavese. E così la maggior parte dell’amianto lombardo prende la via della Germania, dove viene conferito in discarica al costo di 110, 120 euro al metro cubo.
“Un salasso” commenta Villani, che aggiunge: “E’ tutto un problema economico. Ecco perché in Regione si era stabilito di costituire un ‘fondo di solidarietà’ da mettere a disposizione di quei privati proprietari degli oltre 140 mila edifici che presentano ancora parti in amianto, e che dovrebbero fare dei lavori per bonificare. Ma questo fondo – termina Villani – non è mai stato finanziato”.
Una nota positiva che arriva dalle anticipazioni del nuovo Pral, è il completo finanziamento della bonifica della Fibronit di Broni, sempre in provincia di Pavia, un caso del tutto simile a quello della Eternit di Casale Monferrato ma in chiave lombarda. Nel frattempo la Lombardia – come conferma il dottor Bai – è la regione italiana a maggior incidenza di casi di mesotelioma pleurico maligno. Dal 2000 al 2013 si sono ammalate in tutto 8.145 persone, la metà di loro è deceduta. Il 50,7 per cento dei malati lavorava in contesti in cui l’amianto era presente, ma del 23,7 per cento non si sa l’origine della malattia. L’amianto in Lombardia rimane un grave pericolo e la politica è in ritardo.