
AMIANTO BANDITO IN BRASILE NELLO STATO DI SAN PAOLO
29/09/2017
MOSTRA BASTAMIANTO ROMA
30/09/2017
Morire sul lavoro in una società ipertecnologica
Morire di lavoro, morire mentre si sta lavorando. Questo è uno fra i più grandi paradossi del mondo contemporaneo. In una società ipertecnologica, basata sull’informazione e con leggi che hanno l’obiettivo di tutelare il lavoratore, ancora si muore mentre si cerca di guadagnarsi da vivere. E la responsabilità di queste morti ricade sulla società stessa. Il decreto legge n.81 del 2008 (e successivi aggiornamenti) impone regole ferree in tutti gli ambiti lavorativi e sanzioni pesantissime, che in larga misura sfociano nel penale per chi non le rispetta. Eppure ancora non basta. Quello che manca è una vera propria cultura della prevenzione, quella consapevolezza che permette di rendersi conto che tutto può avere delle conseguenze. E allora ecco che si aprono paradossi immensi: operai morti per aver respirato fibre di amianto sul posto di lavoro e nessun responsabile individuato per quei decessi, morti nei campi agricoli che aspettano giustizia ma per le quali – per il principio di non retroattività della legge penale – non può essere applicata la nuova legge contro il caporalato, la n.199 del 2016