BOLOGNA CORSO DI FORMAZIONE RISCHIO AMIANTO AMNIL
25/09/2015PIRELLI PROCESSO AMIANTO CHIESTI 600MILA EURO DI RISARCIMENTO
07/10/2015OBBLIGHI RELATIVI ALLA PRESENZA DI MATERIALE CONTENENTE AMIANTO NEGLI EDIFICI
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INDICE
1 Premessa
2 Normativa di riferimento
3 Localizzazione e caratterizzazione delle strutture edilizie
4 Valutazione del rischio da presenza di amianto
5 Interventi di bonifica del materiale contenente amianto
6 Metodi di bonifica
7 Programma di controllo dei materiali di amianto negli edifici
8 Modalità di intervento su materiali contenenti amianto o in caso di bonifica
9 Obblighi previsti dal D.Lgs.81/08 per i lavori di demolizione o rimozione di amianto
10 Individuazione delle figure responsabili
11 Come tutelarsi
1. PREMESSA
A livello normativo occorre distinguere il caso di edifici privati all’interno dei quali non si svolge attività lavorativa (civili abitazioni), dal caso di edifici pubblici o privati all’interno dei quali si svolge un’attività lavorativa e/o che sono aperti al pubblico.
Parte della normativa citata è valida per entrambi i casi, parte si applica solo ad edifici che ospitano attività lavorative.
Nel primo caso gli obblighi citati sono a carico del proprietario o del legale rappresentante (amministratore di condominio), nel secondo caso essi sono a carico sia del datore di lavoro dell’azienda che svolge attività lavorativa, sia a carico del proprietari dell’edificio, se non coincide con il datore di lavoro.
Per gli edifici pubblici (scuole, ospedali, tribunali, ecc.) il datore di lavoro corrisponde alla figura del dirigente pubblico, mentre il proprietario corrisponde al Comune, alla Provincia, alla Regione.
La normativa attuale impone al datore di lavoro o proprietario di un edifico potenzialmente contenente amianto una valutazione preliminare della effettiva presenza di amianto, se necessario anche con campionamenti e analisi da eseguirsi da laboratori abilitati.
Una volta accertata in maniera sicura la presenza di amianto è necessario eseguire una specifica valutazione del rischio per la salute dei lavoratori e degli occupanti l’edificio, in funzione del tipo di amianto (compatto o friabile), del suo confinamento o meno, del suo stato, di condizioni particolari che potrebbero facilitare la dispersione delle fibre (correnti d’aria, vibrazioni, ecc.).
In esito a tale valutazione il proprietario dell’edifico e/o il datore di lavoro dovrà redigere un inventario dell’amianto per l’edifico in esame, contenenti tutti i dati necessari a individuare il rischio per gli occupanti dell’edificio. Tale inventario deve essere condotto mediante l’utilizzo di specifiche schede di censimento definite dalla normativa di riferimento e dovrà essere formalmente consegnato alla ASL competente per territorio.
La rimozione dell’amianto da edifici non adibiti a lavorazioni non è in prima battuta obbligatoria per legge, ma se a seguito della valutazione del rischio, si può ritenere (anche mediante campionamenti ambientali) che il rilascio di fibre di amianto nell’ambiente superi limiti fissati dalla normativa, il Sindaco del Comune di appartenenza, a seguito di parere della ASL (sulla base delle schede di censimento) o di denuncia degli abitanti, può disporre la bonifica.
Per edifici adibiti a lavorazioni invece, sulla base della valutazione del rischio e del reale livello di pericolo per gli occupanti, il datore di lavoro dovrà programmare ed eseguire, nei tempi tecnici strettamente necessari, interventi di bonifica dell’amianto responsabile del rilascio di fibre.
La bonifica dell’amianto non comporta necessariamente la sua rimozione, potendosi anche effettuare un incapsulamento o un confinamento del materiale contenente amianto. La scelta del criterio è demandata al proprietario dell’edifico e/o al datore di lavoro, in funzione dei rischi che la bonifica stessa può comportare per gli occupanti l’edificio.
Successivamente alla prima redazione della valutazione dei rischi, dell’inventario del materiale contenente amianto e dell’eventuale primo intervento di bonifica, se all’interno dell’edificio rimane materiale contenete amianto, il proprietario dell’edifico e/o il datore di lavoro, tramite il responsabile amianto da lui nominato, dovrà garantire un costante monitoraggio periodico (annuale) dello stato dei materiale contenenti amianto.
Quando a seguito di tale monitoraggio risultasse un degrado del materiale contenente amianto superiore ai limiti fissati, il proprietario dell’edifico e/o il datore di lavoro dovrà provvedere alla bonifica dell’amianto in forza rispettivamente di delibera del Sindaco o dei risultati della classificazione del rischio.
Le attività di bonifica dell’amianto possono essere realizzate solo da ditte specializzate e abilitate formalmente e a seguito di un piano di lavoro redatto da tecnico abilitato. Prima dell’inizio della rimozione, il committente dei lavori (proprietario dell’edifico e/o datore di lavoro) dovrà consegnare il piano di lavoro alla ASL competente per territorio, che si riserva la possibilità di eseguire ispezioni del cantiere.
Durante l’opera di bonifica dovranno essere attuate tutte le misure necessarie per impedire che gli occupanti dell’edificio siano sottoposti ad esposizione a fibre di amianto, mediante confinamento del cantiere da realizzare mediante precisi parametri tecnici o se necessario abbandono temporaneo dell’edificio.
Il personale incaricato della bonifica dovrà essere dotato di specifici Dispositivi di Protezione Individuali e seguire specifiche misure igieniche.
Al termine dell’opera di bonifica la ditta esecutrice dovrà presentare al proprietario dell’edifico e/o al datore di lavoro un attestato di riconsegna, da redigere sulla base di campionamenti ambientali, in cui assicuri che il contenuto di fibre di amianto nell’aria dell’ambiente sia assente o inferiore a limiti fissati dalla normativa.
2. NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Come specificato in premessa occorre distinguere tra il caso in cui l’edificio (pubblico o privato) contenente amianto sia destinato a ospitare luoghi di lavoro, con la presenza di eventuali visitatori (quindi stabilimenti, magazzini, scuole, ospedali, ecc.), e il caso in cui l’edificio non sia destinato alle attività lavorative (abitazioni private, condomini).
La normativa generale per la tutela dei lavoratori da rischi per la salute e la sicurezza è il Decreto Legislativo 9 aprile 08, n. 81 e successive modifiche e integrazioni (nel seguito “D.Lgs.81/08”).
In tale Decreto la protezione dei lavoratori dall’amianto è trattato dal Titolo IX Capo III “Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto” che però specifica subito all’articolo 246 che:
“Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano a tutte le rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’ esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate”.
Di conseguenza le norme contenute nel Titolo IX Capo III del D.Lgs.81/08 non si applicano a lavoratori che operano all’interno di strutture contenenti amianto, a meno che essi non siano addetti a manutenzione, rimozione, smaltimento dell’amianto.
Per i lavoratori che operano all’interno di strutture contenenti amianto, ma che non sono chiamati a intervenire direttamente sull’amianto, si applica, come specificato dall’articolo 246 del D.Lgs.81/08 sopra citato, la Legge 27 marzo 1992, n. 257 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” (nel seguito “L.257/92”).
La L.257/92 si applica altresì ai visitatori (non lavoratori) di edifici che ospitano lavorazioni e agli occupanti di edifici non destinati a luoghi di lavoro (case private, condomini).
Tale legge è di carattere molto generale e rimanda per gli aspetti applicativi a successivi Decreti ministeriali.
In particolare per quanto riguarda la rilevazione della presenza di amianto all’interno di strutture e la pianificazione della rimozione dello stesso, la L.257/92, prevede all’articolo 12, comma 2 che:
“Con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le norme relative agli strumenti necessari ai rilevamenti e alle analisi del rivestimento degli edifici, nonché alla pianificazione e alla programmazione delle attività di rimozione e di fissaggio di cui al comma 3 e le procedure da seguire nei diversi processi lavorativi di rimozione”.
Per quanto riguarda invece le normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, la L.257/92, prevede all’articolo 6, comma 3 che:
“Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, adotta con proprio decreto, da emanare entro trecentosessantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le normative e le metodologie tecniche di cui all’articolo 5, comma 1, lettera f)”.
Il relativo Decreto attuativo è il Decreto Ministeriale del 06/09/1994 “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’articolo 6, comma 3, e dell’articolo 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto” (nel seguito “D.M.06/09/94”).
Per miglior comprensione delle osservazioni che verranno fatte nel seguito, occorre mettere in evidenza che nella Premessa al D.M.06/09/94 è specificato che:
“Il documento fa riferimento a due tipi di indicazioni:
a) norme prescrittive che compaiono nel testo in carattere grassetto;
b) norme indicative, da intendersi come linee guida non prescrittive che vengono indicate nel testo in carattere corsivo”.
Tale distinzione è fondamentale come si vedrà nel seguito.
Il mancato adempimento degli obblighi di cui alle norme prescrittive del D.M.06/09/94 da parte dei proprietari degli edifici o dei gestori delle attività (a seconda dei casi) è sanzionato dall’articolo 15, comma 2 della L.257/92 con la sanzione amministrativa da lire 7 milioni a lire 35 milioni (attualmente da euro 3.615 a euro 18.675).
3. LOCALIZZAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DELLE STRUTTURE EDILIZIE
Primo passo nella gestione dell’amianto all’interno degli edifici è la caratterizzazione in tal senso, cioè la verifica della effettiva presenza di amianto, la sua classificazione e la sua localizzazione.
Tale obbligo, a carico di qualunque proprietario, è valido per qualunque tipo di edificio, pubblico o privato, adibito o meno ad attività lavorative, nel quale è presumibile la presenza di amianto (sicuramente gli edifici costruiti antecedentemente al 1992, anno di entrata in vigore della L.257/92 che dispose il divieto di utilizzo dell’amianto in generale e, in particolare, nelle costruzioni).
La L.257/92 prevede a tal proposito uno specifico obbligo sanzionabile, quello definito all’articolo 12, comma 5:
“Presso le unità sanitarie locali è istituito un registro nel quale è indicata la localizzazione dell’amianto floccato o in matrice friabile presente negli edifici. I proprietari degli immobili devono comunicare alle unità sanitarie locali i dati relativi alla presenza dei materiali di cui al presente comma”.
Il mancato adempimento di tale obbligo da parte dei proprietari degli edifici è sanzionato dall’articolo 15, comma 3 della medesima Legge con la sanzione amministrativa da lire 5 milioni a lire 10 milioni (attualmente da euro 2.582 a euro 5.164).
Per una corretta definizione dell’ambito di applicazione dell’articolo 12, comma 5 occorre fare riferimento alla definizione di materiale friabile, che viene data dal D.M.06/09/94 al punto 1a (testo in grassetto e quindi norma prescrittiva):
“Friabili: materiali che possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere con la semplice pressione manuale;
Compatti: materiali duri che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere solo con l’impiego di attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.)”.
Da tale definizione appare evidente come, all’interno dei materiali friabili contenenti amianto vanno ricompresi non solo l’amianto in fiocco o in matrice fibrosa, ma anche l’amianto in lastre o in tubazioni (cemento amianto) se, a causa della degradazione derivante da agenti atmosferici, vibrazioni, urti, lavorazioni, ecc., esso presenta la possibilità di rilasciare fibre in ambiente per il semplice contatto, per interventi di manutenzione o addirittura per effetti ambientali (vento, correnti d’aria, vibrazioni, infiltrazioni di acqua, ecc.).
Secondo il punto 1b del D.M.06/09/94 il programma di ispezione dei materiali contenenti amianto all’interno degli edifici può avvenire secondo quanto segue (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva):
“1) ricerca e verifica della documentazione tecnica disponibile sull’edificio, per accertarsi dei vari tipi di materiali usati nella sua costruzione, e per rintracciare, ove possibile, l’impresa edile appaltatrice;
2) ispezione diretta dei materiali per identificare quelli friabili e potenzialmente contenenti fibre di amianto;
3) verifica dello stato di conservazione dei materiali friabili, per fornire una prima valutazione approssimativa sul potenziale di rilascio di fibre nell’ambiente;
4) campionamento dei materiali friabili sospetti, e invio presso un centro attrezzato, per la conferma analitica della presenza e del contenuto di amianto;
5) mappatura delle zone in cui sono presenti materiali contenenti amianto;
6) registrazione di tutte le informazioni raccolte in apposite schede, da conservare come documentazione e da rilasciare anche ai responsabili dell’edificio”.
4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA PRESENZA DI AMIANTO
Una volta eseguito un primo inventario della presenza di amianto all’interno di un edifico, sempre a seguito di quanto disposto dall’articolo 12, comma 5 della L.257/92 e delle regole tecniche del D.M.06/09/94 il proprietario dell’edificio deve eseguire una specifica valutazione del rischio qualitativa o quantitativa della possibile dispersione di fibre di amianto dai materiali censiti agli ambienti occupati da persone.
Va notato che, nel caso che gli edifici siano adibiti ad attività lavorative (quindi stabilimenti, ma anche scuole, ospedali, ecc.) tale valutazione va ricompresa nella valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza, di cui agli articolo 17, comma 1, lettera a), 28 e 29 del D.Lgs.81/08. In tale caso pertanto, la valutazione del rischio da rilascio di fibre di amianto in ambiente di lavoro, dovrà avere i contenuti formali e sostanziali non solo del D.M.06/09/94 (in parte non prescrittivi), ma anche quelli del D.Lgs.81/08 (sempre prescrittivi e quindi sanzionabili).
Secondo il punto 2 il D.M.06/09/94 (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva):
“Per la valutazione della potenziale esposizione a fibre di amianto del personale presente nell’edificio sono utilizzabili due tipi di criteri:
– l’esame delle condizioni dell’installazione, al fine di stimare il pericolo di un rilascio di fibre dal materiale;
– la misura della concentrazione delle fibre di amianto aerodisperse all’interno dell’edificio (monitoraggio ambientale)”.
Tenendo conto dei limiti del campionamento per la verifica strumentale della misura delle concentrazione delle fibre di amianto (sostanzialmente il fatto che il campionamento caratterizza la situazione solo in un dato momento e in determinate condizioni) il D.M.06/09/94 consiglia sempre anche l’esame visivo delle condizioni del materiale contenente amianto, prescrivendo che (carattere grassetto e quindi norma prescrittiva):
“In fase di ispezione visiva dell’installazione, devono essere invece attentamente valutati:
– il tipo e le condizioni dei materiali;
– i fattori che possono determinare un futuro danneggiamento o degrado;
– i fattori che influenzano la diffusione di fibre e l’esposizione degli individui.
Dovrà essere compilata una scheda di sopralluogo, quale ad esempio quella riportata in Allegato 5, separatamente per ciascun area dell’edificio in cui sono presenti materiali contenenti amianto”.
Le schede dell’allegato 5 del D.M.06/09/94 devono essere compilate per il complesso dell’edificio esaminato (Parte I “Dati generali”) e per ogni singolo locale esaminato e per ogni tipologia di manufatto contenente amianto (Parte II “Dati particolari”) e devono contenere le seguenti informazioni obbligatorie (visto il carattere prescrittivo delle indicazioni del Punto 2 del Decreto D.M.06/09/94):
– tipologia del fabbricato;
– data di costruzione;
– area totale;
– numero di piani;
– numero di locali;
– tipo di copertura;
– eventuali ristrutturazioni;
– ditta costruttrice e/o fornitrice del fabbricato;
– numero di occupanti;
– numero di addetti alla manutenzione;
– possibilità di accesso al pubblico;
– orari e modalità di accesso al pubblico;
– persone di riferimento;
– elenco di dettaglio dei materiali sospetti (prima tabella della scheda I B);
– elenco di dettaglio dei locali esaminati e degli eventuali campionamenti eseguiti (seconda tabella della scheda I B);
– eventuali informazioni ricavate dalla documentazione dell’edificio;
– informazioni di dettaglio di ogni locale esaminato (scheda II A);
– considerazioni sulla eventuale presenza di materiali per superfici applicati a spruzzo; di rivestimenti isolanti di tubi e caldaie; coperture in cemento amianto;
– estensione della superficie rivestita da pannelli in cemento/amianto (per ogni locale esaminato);
– cause del danneggiamento dei pannelli in cemento/amianto (per ogni locale esaminato);
– altezza da terra dei pannelli in cemento/amianto (per ogni locale esaminato);
– presenza di barriere per l’accesso ai dei pannelli in cemento/amianto (per ogni locale esaminato).
Alla fine del processo di cui sopra è inoltre necessario, in caso di dubbio, eseguire anche campionamenti ambientali dei luoghi di lavoro interessati dalla presenza di amianto, per rilevare l’effettivo rilascio di fibre pericolose nell’aria. Il D.M.06/09/94 infatti prevede (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva):
“Quando si presentano situazioni di incerta classificazione è necessaria anche una indagine ambientale che misuri la concentrazione di fibre aerodisperse”.
Le metodiche di campionamento sono descritte in dettaglio nell’Allegato 2 del D.M.06/09/94 stesso.
I risultati della valutazione del rischio da dispersione di fibre di amianto in locali occupati da persone, dovranno essere comunicati formalmente alla ASL competente per territorio, in base all’obbligo di cui all’articolo 12, comma 5 della L.257/92.
Inoltre, in caso di locali adibiti ad attività lavorative, i risultati di tale valutazione andranno formalizzati all’interno del documento di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), 28 e 29 del D.Lgs.81/08.
In quest’ultimo caso, secondo gli articoli citati del D.Lgs.81/08:
– il documento di valutazione dei rischi da dispersione di fibre d’amianto dovrà contenere non solo i risultati della valutazione (condotta secondo i criteri fissati dalla L.257/92 e dal D.M.06/09/94), ma anche le misure di prevenzione e di protezione attuate (confinamento delle aree, apposizione di cartelli, divieto di accesso, ecc.), il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza (ad esempio il programma della bonifica dei materiali contenenti amianto), l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare e dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere (articolo 28, comma 2);
– il documento di valutazione dei rischi da dispersione di fibre d’amianto dovrà essere consegnato al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (articolo 18, comma 1, lettera o));
– dei risultati della valutazione del rischio di cui sopra, in termini di rischi specifici per la salute dei lavoratori, dovranno essere resi edotti i lavoratori sia con attività informative (divulgazione dei risultati dell’analisi, ai sensi dell’articolo 36, comma 1, lettera a)), sia con attività formative (acquisizione di competenze per la gestione dei rischi, ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera b)).
Gli obblighi sopra richiamati per edifici adibiti ad attività lavorative sono a carico del datore di lavoro e/o dei dirigenti dell’azienda, sono sanzionabili e quindi penalmente perseguibili.
In particolare, con riferimento ai citati articoli del D.Lgs.81/08:
– l’omessa valutazione del rischio (articolo 29, comma 1) è punita dall’articolo 55, comma 1, lettera a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro;
– l’omessa indicazione delle misure di prevenzione e protezione, del programma di attuazione, delle figure aziendali responsabili dell’attuazione (articolo 28, comma 2, lettere b), c), d)) è punita dall’articolo 55, comma 3 con l’ammenda 2.000 a 4.000 euro;
– la mancata consegna del documento di valutazione dei rischi al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è punita dall’articolo 55, comma 5, lettera a) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 750 a 4.000;
– la mancata erogazione dell’informazione e della formazione ai lavoratori sulla presenza di amianto è punita dall’articolo 55, comma 5, lettera c) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 euro.
A seguito della valutazione del rischio di cui sopra, da formalizzare (carattere prescrittivo) con le schede di censimento di cui all’Allegato 5 del D.M.06/09/94, il proprietario del fabbricato deve classificare ogni materiale contenente rilevato nell’inventario in una delle seguenti categorie definite dal Decreto stesso (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva):
“2a) Materiali integri non suscettibili di danneggiamento.
Sono situazioni nelle quali non esiste pericolo di rilascio di fibre di amianto in atto o potenziale o di esposizione degli occupanti, come ad esempio:
– materiali non accessibili per la presenza di un efficace confinamento;
– materiali in buone condizioni, non confinati ma comunque difficilmente accessibili agli occupanti;
– materiali in buone condizioni, accessibili ma difficilmente danneggiabili per le caratteristiche proprie del materiale (duro e compatto);
– non esposizione degli occupanti in quanto l’amianto si trova in aree non occupate dell’edificio.
In questi casi non è necessario un intervento di bonifica.
Occorre, invece, un controllo periodico delle condizioni dei materiali e il rispetto di idonee procedure per le operazioni di manutenzione e pulizia dello stabile, al fine di assicurare che le attività quotidiane dell’edificio siano condotte in modo da minimizzare il rilascio di fibre di amianto, secondo le indicazioni riportate nel capitolo 4.
2b) Materiali integri suscettibili di danneggiamento.
Sono situazioni nelle quali esiste pericolo di rilascio potenziale di fibre di amianto, come ad esempio:
– materiali in buone condizioni facilmente danneggiabili dagli occupanti;
– materiali in buone condizioni facilmente danneggiabili in occasione di interventi manutentivi;
– materiali in buone condizioni esposti a fattori di deterioramento (vibrazioni, correnti d’aria, ecc.).
In situazioni di questo tipo, in primo luogo, devono essere adottati provvedimenti idonei a scongiurare il pericolo di danneggiamento e quindi attuare un programma di controllo e manutenzione secondo le indicazioni riportate nel capitolo 4. Se non è possibile ridurre significativamente i rischi di danneggiamento dovrà essere preso in considerazione un intervento di bonifica da attuare a medio termine.
2c) Materiali danneggiati.
Sono situazioni nelle quali esiste pericolo di rilascio di fibre di amianto con possibile esposizione degli occupanti, come ad esempio:
– materiali a vista o comunque non confinati, in aree occupate dell’edificio, che si presentino:
– danneggiati per azione degli occupanti o per interventi manutentivi;
– deteriorati per effetto di fattori esterni (vibrazioni, infiltrazioni d’acqua, correnti d’aria, ecc.), deteriorati per degrado spontaneo;
– materiali danneggiati o deteriorati o materiali friabili in prossimità dei sistemi di ventilazione.
Sono queste le situazioni in cui si determina la necessità di un’azione specifica da attuare in tempi brevi, per eliminare il rilascio in atto di fibre di amianto nell’ambiente”.
A seguito della formalizzazione (mediante schede di rischio quali quelle di cui all’Allegato 5 del D.M.06/09/94) del rischio da dispersione di fibre di amianto negli ambienti occupati da persone, dovranno essere definiti specifici interventi per eliminare tale dispersione o ridurla al limiti definiti dalla D.M.06/09/94 al punto 2:
“Per questo motivo si ritiene che valori superiori a 20 ff/l [fibre per litro di aria] valutati in MOCF [Microscopia ottica in contrasto di fase] o superiori a 2 ff/l in SEM [Scanning Electron Microscope], ottenuti come valori medi su almeno tre campionamenti, possono essere indicativi di una situazione di inquinamento in atto”
5. INTERVENTI DI BONIFICA DEL MATERIALE CONTENENTE AMIANTO
Una volta che il materiale contenente amianto è stato individuato, localizzato, classificato e censito, si devono definire gli interventi di bonifica del materiale che per le sue caratteristiche intrinseche (in matrice fibrosa, floccato o compatto), stato di conservazione ed esposizione ad agenti esterni (correnti d’aria, infiltrazioni di acqua, vibrazioni) può causare rilascio di fibre di amianto, comportando esposizione degli occupanti dell’edificio superiore ai limiti definiti dal D.M.06/09/94 e sopra richiamati.
Relativamente all’obbligo di eseguire la rimozione, occorre distinguere tra edifici destinati solo ad abitazione ed edifici ospitanti attività lavorative.
Nel primo caso (assenza di attività lavorative all’interno dell’edifico) le norme applicabili sono la L.257/92 e il D.M.06/09/94, che non contengono obblighi prescrittivi (e quindi sanzionabili) di bonifica dell’amianto per il proprietario dell’edificio.
In pratica non sussiste obbligo di bonifica, sancito per legge, quale che siano le caratteristiche del materiale contenente amianto o la concentrazione di fibre nell’aria.
Allo stato attuale vi è l’obbligo di bonifica di manufatti contenenti amianto solo a seguito di ordinanza da parte del Comune d’appartenenza.
In particolare, il Sindaco del Comune di appartenenza può emettere specifica ordinanza di bonifica, su segnalazione del cittadino o della ASL (alla quale deve venire trasmesso formalmente, come detto, l’inventario dell’amianto presente negli edifici).
Tale potere è dato al Sindaco, in quanto primo garante della salute dei cittadini, ai sensi dell’articolo 50, comma 4 del D.Lgs.267/00:
“Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge”;
dell’articolo 50, comma 5 del D.Lgs.267/00:
“In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali”;
dell’articolo 54, comma 5 del D.Lgs.267/00:
“Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono tempestivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.
Nel secondo caso (presenza di attività lavorative all’interno dell’edificio), oltre alla possibile ordinanza del Sindaco (che ha valore di legge) vigono sul datore di lavoro delle attività lavorative che si svolgono all’interno dell’edifico (che può coincidere o meno con il proprietario dell’edificio stesso) gli obblighi di tutela della salute dei lavoratori di cui al D.Lgs.81/08.
A livello generale tale obbligo è definito dal D.Lgs.81/08 che specifica che, a seguito della valutazione del rischio (eseguita in generale per tutti i rischi e in particolare per il rischio da esposizione ad amianto) il datore di lavoro (obbligo non delegabile) deve redigere un documento in cui sono contenuti (articolo 28, comma 2, lettera b) del Decreto citato):
“l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a)”;
e (articolo 28, comma 2, lettera c) del Decreto citato);
“il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”.
Tali obblighi sono sanzionabili penalmente.
Pertanto il datore di lavoro della attività lavorativa dovrà, a seguito della valutazione del rischio da presenza di amianto, individuare ed eseguire (nei tempi da egli stesso definiti nel programma di miglioramento) la bonifica del materiale contenente amianto a rischio di rilascio di fibre.
6. METODI DI BONIFICA
Secondo il punto 3 del D.M.06/09/94 (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva), a seguito della rilevazione di materiale contenente amianto, in funzione dello stato del materiale stesso:
“I provvedimenti possibili possono essere:
– restauro dei materiali: l’amianto viene lasciato in sede senza effettuare alcun intervento di bonifica vera e propria, ma limitandosi a riparare le zone danneggiate e/o ad eliminare le cause potenziali del danneggiamento (modifica del sistema di ventilazione in presenza di correnti d’aria che erodono il rivestimento, riparazione delle perdite di acqua, eliminazione delle fonti di vibrazioni, interventi atti ad evitare il danneggiamento da parte degli occupanti) […];
– intervento di bonifica mediante rimozione, incapsulamento o confinamento dell’amianto: la bonifica può riguardare l’intera installazione o essere circoscritta alle aree dell’edifici o alle zone dell’installazione in cui si determina un rilascio di fibre”.
Il D.M.06/09/94 ha individuato tre tecniche di bonifica dell’amianto in matrice fibrosa o compatta:
– incapsulamento;
– confinamento;
– rimozione.
L’incapsulamento è una verniciatura con apposite speciali sostanze che, spruzzate nei manufatti, inglobano le fibre non consentendo loro di liberarsi nell’aria.
Il confinamento dei manufatti con amianto è una tecnica che ha l’obiettivo di evitare la dispersione mediante l’incameramento del manufatto all’interno di un nuovo manufatto o con l’installazione di una barriera a tenuta di polvere che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio.
Nel caso dell’ incapsulamento e del confinamento, visto che il materiale contenente amianto rimane all’interno dell’edifico deve essere prevista, da parte del proprietario dell’edifico, una analisi periodica al fine di valutare i rischi derivanti dalla presenza dell’amianto (vedi dopo “Programma di controllo”.
La rimozione dei materiali contenenti amianto permette di eliminare il problema dell’amianto in modo definitivo, ma è anche quella più complessa da realizzare da un punto di vista tecnico ed è quella che presenta la maggiore possibilità di fibre di amianto in atmosfera, se non correttamente eseguita.
Inoltre la rimozione dell’amianto, per i pericoli di dispersione di fibre in atmosfera, deve essere eseguita solo da ditte specializzate e autorizzate secondo procedure ben determinate, definite dal D.Lgs.81/08.
7. PROGRAMMA DI CONTROLLO DEI MATERIALI DI AMIANTO NEGLI EDIFICI
Dal momento in cui viene rilevata la presenza di materiali contenenti amianto in un edificio, è necessario che sia messo in atto un programma di controllo e manutenzione al fine di ridurre al minimo l’esposizione degli occupanti.
La finalità del piano di controllo e manutenzione è di ridurre al minimo la possibile esposizione ad amianto degli occupanti dell’edificio, indipendentemente dai tempi e modi previsti per un eventuale intervento di bonifica.
Il piano è quindi costituito da una serie di misure di natura tecnica, ma soprattutto organizzativa e procedurale, nonché di informazione, atte a tenere sotto controllo i potenziali fattori di deterioramento e danneggiamento, attraverso la verifica periodica delle condizioni dei materiali e attraverso il corretto comportamento di tutti gli occupanti dell’edificio.
Gli obiettivi del programma sono mantenere in buone condizioni i materiali contenenti amianto, prevenire il rilascio di fibre, intervenire correttamente quando accada un rilascio e verificare periodicamente le condizioni dei materiali contenti amianto (a seguito di incapsulamento o confinamento).
Il piano deve a tal fine individuare una figura responsabile con sufficiente competenza che coordini tutte le attività previste del piano.
Il punto 4a del D.M.06/09/94 specifica che (carattere grassetto e quindi norma prescrittiva):
“Il proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività che vi si svolge dovrà:
– designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto;
– tenere un’idonea documentazione da cui risulti l’ubicazione dei materiali contenenti amianto; sulle installazioni soggette a frequenti interventi manutentivi (ad esempio caldaia e tubazioni) dovranno essere poste avvertenze allo scopo di evitare che l’amianto venga inavvertitamente disturbato;
– garantire il rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia, gli interventi manutentivi e in occasione di qualsiasi evento che possa causare un disturbo dei materiali di amianto; a tal fine dovrà essere predisposta una specifica procedura di autorizzazione per le attività di manutenzione e di tutti gli interventi effettuati dovrà essere tenuta una documentazione verificabile;
– fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare;
– nel caso siano in opera materiali friabili provvedere a far ispezionare l’edificio almeno una volta all’anno, da personale in grado di valutare le condizioni dei materiali, redigendo un dettagliato rapporto corredato di documentazione fotografica; copia del rapporto dovrà essere trasmessa alla ASL competente la quale può prescrivere di effettuare un monitoraggio ambientale periodico delle fibre aerodisperse all’interno dell’edificio”.
Anche in tal caso, in esito ai controlli eseguiti sui materiali contenente amianto il sindaco potrà disporre la loro bonifica oppure il datore di lavoro dovrà predisporre un piano di interventi, definendone il programma di attuazione.
8. MODALITA’ DI INTERVENTO SU MATERIALI CONTENENTI AMIANTO O IN CASO DI BONIFICA
Qualunque intervento su materiali contenente amianto (sostanzialmente opere di manutenzione o attività di rimozione) o in prossimità degli stessi, deve essere attuato con tutte le cautele possibili per evitare la dispersione di fibre di amianto nell’ambiente.
Il D.M.06/09/94 specifica come devono essere eseguite eventuali attività di manutenzione dell’edificio o dei suoi impianti, suddividendo tali attività in tre categorie:
– interventi che non comportano contatto diretto con l’amianto;
– interventi che possono interessare accidentalmente i materiali contenenti amianto;
– interventi che intenzionalmente disturbano zone limitate di materiali contenenti amianto.
Lo stesso D.M.06/09/94 dà al Punto 3d), comma v) indica poi che (carattere grassetto e quindi norma prescrittiva):
“Interventi di ristrutturazione o demolizione di strutture rivestite di amianto devono sempre essere preceduti dalla rimozione dell’amianto stesso”.
Inoltre lo stesso Decreto specifica al punto 4b) che (carattere corsivo e quindi norma non prescrittiva):
“Operazioni che comportino un esteso interessamento dell’amianto non possono essere consentite, se non nell’ambito di progetti di bonifica”.
A seguire il D.M.06/09/94 fornisce i criteri generali per l’esecuzione di interventi su materiali contenenti amianto o in caso di bonifica (carattere grassetto e quindi norma prescrittiva):
“Durante l’esecuzione degli interventi non deve essere consentita la presenza di estranei nell’area interessata.
L’area stessa deve essere isolata con misure idonee in relazione al potenziale rilascio di fibre: per operazioni che non comportano diretto contatto con l’amianto può non essere necessario alcun tipo di isolamento; negli altri casi la zona di lavoro deve essere confinata e il pavimento e gli arredi eventualmente presenti, coperti con teli di plastica a perdere.
L’impianto di ventilazione deve essere localmente disattivato. Qualsiasi intervento diretto sull’amianto deve essere effettuato con metodi a umido. Eventuali utensili elettrici impiegati per tagliare, forare o molare devono essere muniti di aspirazione incorporata. Nel caso di operazioni su tubazioni rivestite con materiali di amianto vanno utilizzati quando possibile gli appositi glove bags.
Al termine dei lavori, eventuali polveri o detriti di amianto caduti vanno puliti con metodi ad umido o con aspiratori portatili muniti di filtri ad alta efficienza. I lavoratori che eseguono gli interventi devono essere muniti di mezzi individuali di protezione. Per la protezione respiratoria vanno adottate maschere munite di filtro P3 di tipo semimaschera o a facciale completo, in relazione al potenziale livello di esposizione. E’ sconsigliabile l’uso di facciali filtranti, se non negli interventi del primo tipo. Nelle operazioni che comportano disturbo dell’amianto devono essere adottate inoltre tute intere a perdere, munite di cappuccio di copriscarpe, di tessuto atto a non trattenere le fibre. Le tute devono essere eliminate dopo ogni intervento.
Tutto il materiale a perdere utilizzato (indumenti, teli, stracci per pulizia, ecc.) deve essere smaltito come rifiuto contaminato, in sacchi impermeabili chiusi ed etichettati. I materiali utilizzati per la pulizia a umido vanno insaccati finché sono ancora bagnati. Procedure definite devono essere previste nel caso di consistenti rilasci di fibre: evacuazione e isolamento dell’area interessata (chiusura delle porte e/o installazione di barriere temporanee); affissione di avvisi di pericolo per evitare l’accesso di estranei; decontaminazione dell’area da parte di operatori muniti di mezzi individuali di protezione con sistemi ad umido e/o con aspiratori idonei; monitoraggio finale di verifica. In presenza di materiali di amianto friabili esposti, soprattutto se danneggiati, la pulizia quotidiana dell’edificio deve essere effettuata con particolari cautele, impiegando esclusivamente metodi a umido con materiali a perdere e/o aspiratori con filtri ad alta efficienza. La manutenzione e il cambio dei filtri degli aspiratori sono operazioni che comportano esposizione a fibre di amianto e devono essere effettuate in un’area isolata, da parte di operatori muniti di mezzi individuali di protezione. Ai sensi delle leggi vigenti, il personale addetto alle attività di manutenzione e di custodia deve essere considerato professionalmente esposto ad amianto”.
Sempre il D.M.06/09/94 contiene anche al Punto 5 norme dettagliate sulle misure di sicurezza da rispettare durante gli interventi di bonifica (carattere grassetto e quindi norme prescrittive):
Tali misure di sicurezza sinteticamente possono essere così riassunte:
– confinamento dell’ambiente della bonifica da quello esterno;
– ispezioni periodiche per accertare la tenuta del confinamento;
– aspirazione e filtraggio dell’aria dall’interno dell’area confinata;
– collaudo del confinamento dell’ambiente;
– approntamento di sistema di decontaminazione del personale addetto alla bonifica, munito di locale di equipaggiamento, locale doccia, chiusa d’aria, locale incontaminato;
– informazione, formazione e addestramento del personale addetto alla bonifica;
– protezione del personale addetto alla bonifica mediante tuta con cappuccio e facciale filtrante a perdere (da sostituire a ogni turno lavorativo e smaltire al termine dei lavori);
– divieto di mangiare, bere e fumare sul luogo di lavoro;
– definizione di procedure sicure di accesso e di uscita dall’area da bonificare;
– definizione di procedure sicure di rimozione dei materiali contenenti amianto, in modo da eliminare o ridurre al minimo la dispersione di fibre (ad esempio rimozione a umido);
– imballaggio e sigillatura dei materiali contenenti amianto (compresi i teli utilizzati per il confinamento), in modo da eliminare la dispersione di fibre;
– etichettatura degli imballaggi dei materiali contenenti amianto;
– periodica pulizia mediante aspiratori a filtri assoluti delle superfici delle aree da bonificare;
– monitoraggio periodico delle fibre di amianto aerodisperse negli ambienti confinati con l’area da bonificare.
Il punto 6 del D.M.06/09/94 indica poi i criteri per la certificazione della restituibilità dell’ambiente una volta bonificato dall’amianto, specificando che (carattere grassetto e quindi norma prescrittiva):
“Le operazioni di certificazione di restituibilità di ambienti bonificati dall’amianto, effettuate per assicurare che le aree interessate possono essere rioccupate con sicurezza, dovranno essere eseguite da funzionari della ASL competente interessate.
Le spese relative al sopralluogo ispettivo ed alla determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse sono a carico del committente i lavori di bonifica”.
Inoltre il punto 6 del D.M.06/09/94 specifica che (carattere corsivo e quindi norme non prescrittive):
“I principali criteri da seguire durante la certificazione sono:
– assenza di residui di materiali contenenti amianto entro l’area bonificata;
– assenza effettiva di fibre di amianto nell’atmosfera compresa nell’area bonificata.
Per la verifica di questi criteri occorre seguire una procedura che comporta l’ispezione visuale preventiva e quindi il campionamento dell’aria che deve avvenire operando in modo opportuno per disturbare le superfici nell’area interessata (campionamento aggressivo). Il campionamento dell’aria può avvenire solo se l’area è priva di residui visibili di amianto”
e specifica i criteri finali di restituibilità dell’ambiente bonificato (carattere grassetto e quindi norme prescrittive):
“I locali dovranno essere riconsegnati a conclusione dei lavori di bonifica con certificazioni finali attestanti che:
a) sono state eseguite, nei locali bonificati, valutazioni della concentrazione di fibre di amianto aerodisperse mediane l’uso della microscopia elettronica in scansione;
b) è presente, nei locali stessi, una concentrazione media di fibre aerodisperse non superiore alle 2 fibre a litro”.
9. OBBLIGHI PREVISTI DAL D.LGS.81/08 PER I LAVORI DI DEMOLIZIONE O RIMOZIONE DI AMIANTO
Oltre che dalla L.257/92 e dal D.M.06/09/94 tutte le attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione diretta ad amianto sono regolamentate, per quanto attiene esclusivamente la protezione della salute dei lavoratori coinvolti (ma non di altri lavoratori non coinvolti o di altre persone occupanti l’edificio interessato) dal D.Lgs.81/08 al Capo III “Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto” del Titolo IX “Sostanze pericolose”.
Il D.Lgs.81/08 pone degli obblighi ben precisi al datore di lavoro delle ditte che eseguono qualunque attività lavorativa che possa comportare esposizione all’amianto tra quelle definite dall’articolo 246: “attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate”.
In tale ambito il D.Lgs.81/08, prima di ogni intervento di manutenzione o demolizione di fabbricati impone al datore di lavoro della ditta esecutrice una ricognizione preliminare per rilevare la presenza di amianto (il sospetto della presenza equivale, per principio di cautela, alla presunzione di effettiva presenza) e una specifica valutazione del rischio (in funzione della tipologia e della quantità di materiale contenente amianto) per definire le più adeguate misure di prevenzione e protezione.
In particolare l’articolo 248 specifica che:
“1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto.
2. Se vi é il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste dal presente capo”.
Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro della ditta esecutrice degli obblighi di cui all’articolo 248, comma 1 del D.Lgs.81/08 costituisce un reato penale punito dall’articolo 262, comma 2, lettera a) del Decreto stesso con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Mentre l’articolo 249, comma 1 impone che:
“Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare”.
Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro della ditta esecutrice degli obblighi di cui all’articolo 249, comma 1 del D.Lgs.81/08 costituisce un reato penale punito dall’articolo 262, comma 1, lettera a) del Decreto stesso con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
All’interno del Titolo IX, Capo III del D.Lgs.81/08, la demolizione di manufatti contenenti amianto è regolata dall’articolo 256 “Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto”, che viene analizzato nel seguito comma per comma.
Il comma 1 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 prevede che:
“I lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Ciò significa che, nel caso che nell’edificio in demolizione siano presenti, anche in minima parte, manufatti in amianto, la ditta che esegue i lavori non potrà essere una ditta qualunque, ma dovrà essere abilitata ai sensi del D.Lgs.152/06 “Norme in materia ambientale”.
Il D.Lgs.152/06 prevede in particolare che qualunque ditta che esegua la raccolta, la rimozione e lo smaltimento di qualunque tipo di rifiuto debba essere iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali, costituito presso il Ministero dell’ambiente.
Il comma 5 dell’articolo 212 del D.Lgs.152/06 specifica infatti che:
“L’iscrizione all’Albo e’ requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto […]”.
Il comma 6 del medesimo articolo precisa poi che:
“L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti […]”
Il mancato adempimento dell’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali per le aziende che operano rimozione o demolizione di amianto costituisce un reato penale punito dall’articolo 256 comma 1, lettera b) del D.Lgs.152/06 con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 258, comma 3 del D.Lgs.81/08:
“Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell’amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all’articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257”.
L’articolo 10, comma 2, lettera h) della L.257/92 stabilisce che:
“I piani di cui al comma 1 [piani di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto predisposti Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano] prevedono tra l’altro la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale e il rilascio di titoli di abilitazione per gli addetti alle attività di rimozione e di smaltimento dell’amianto e di bonifica delle aree interessate, che è condizionato alla frequenza di tali corsi”.
I commi 2 e 3 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 prevedono che:
“2. Il datore di lavoro, prima dell’inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell’ambiente esterno”.
Ciò significa che l’opera di demolizione di manufatti contenenti amianto non può essere fatta solo in base a regole di convenienza pratica ed economica, ma deve essere programmata sulla base di un ben preciso piano rivolto alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nonché alla protezione dell’ambiente esterno.
Il comma 4 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 definisce in dettaglio i contenuti del piano:
“Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti punti:
a) rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto prima dell’applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l’amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale;
c) verifica dell’assenza di rischi dovuti all’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all’articolo 254, delle misure di cui all’articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori, data di inizio e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell’amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e)”.
E’ evidentemente che il piano deve risultare estremamente dettagliato per evitare che risultino dispersioni di polveri di amianto negli ambienti di lavoro e in generale nell’ambiente esterno.
In particolare la lettera a) specifica chiaramente che non può essere eseguita la demolizione di un manufatto senza prima avere rimosso in maniera adeguata (cioè senza rischio di dispersione di polveri nell’ambiente) l’amianto presente e questo per evitare che l’amianto stesso si mescoli con gli altri materiali demoliti e venga successivamente disperso in ambiente.
La rimozione dell’amianto dal manufatto prima della sua demolizione può essere omessa solo se “tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l’amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto”.
E’ ovviamente compito del datore di lavoro della ditta che esegue la demolizione eseguire la valutazione relativa alla minore o maggiore pericolosità della rimozione prima della demolizione, sulla base di precisi criteri tecnici.
La lettera b) specifica che gli addetti alla demolizione o alla rimozione devono essere dotati di adeguati Dispositivi di Protezione Individuali (tuta a perdere ad elevata protezione, facciale filtrante, guanti).
La lettera c) specifica poi l’obbligo, al termine dei lavori di verificare, anche tramite idonee misurazioni, la mancanza di residui di amianto nel luogo della demolizione.
Le lettere d) ed e) specificano la necessità per la protezione non solo dei lavoratori, ma anche di terzi, cioè di persone presenti nelle immediate vicinanze dei luoghi della demolizione.
La lettera e) impone poi che, se si presume che si possa verificare il superamento del valore limite di esposizione per l’amianto, fissato (secondo l’articolo 254, comma 1 del D.Lgs.81/08) a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore, si debbano adottare le specifiche misure di protezione dei lavoratori (e dell’ambiente) previste dall’articolo 255 del D.Lgs.81/08 che sono:
– fornitura ai lavoratori di adeguati dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di altri Dispositivi di Protezione Individuali (tute, guanti);
– affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione;
– misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro (ad esempio tramite confinamento con teloni di plastica o simile);
– consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sulle misure da adottare prima di procedere alle attività.
Il mancato adempimento degli obblighi di cui all’articolo 256, commi 1, 2, 3, 4 del D.Lgs.81/08 costituisce un reato penale punito dall’articolo 262 comma 2, lettera a) del Decreto stesso con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Il comma 5 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 prevede che:
“Copia del piano di lavoro è inviata all’organo di vigilanza, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Se entro il periodo di cui al precedente capoverso l’organo di vigilanza non formula motivata richiesta di integrazione o modifica del piano di lavoro e non rilascia prescrizione operativa, il datore di lavoro può eseguire i lavori. L’obbligo del preavviso di trenta giorni prima dell’inizio dei lavori non si applica nei casi di urgenza. In tale ultima ipotesi, oltre alla data di inizio, deve essere fornita dal datore di lavoro indicazione dell’orario di inizio delle attività”.
Pertanto 30 giorni prima dell’inizio delle opere di demolizione di materiali contenenti amianto, il datore di lavoro della ditta esecutrice delle opere deve trasmettere all’organo di vigilanza (ASL) copia del piano di lavoro. L’ASL può chiedere integrazioni o modifiche. In caso contrario vale il tacito assenso.
Il mancato adempimento degli obblighi di cui all’articolo 256, comma 5 del D.Lgs.81/08 costituisce un reato penale punito dall’articolo 262 comma 2, lettera c) del Decreto stesso con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 800 a 2.000 euro.
Il comma 6 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 stabilisce che:
“L’invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti di cui all’articolo 250”.
Dove gli adempimenti di cui all’articolo 250 sono l’obbligo di notifica alla ASL di tutti gli altri lavori con possibilità di esposizione di amianto per i lavoratori.
Infine il comma 7 dell’articolo 256 del D.Lgs.81/08 stabilisce che:
“Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4”.
Pertanto il piano di lavoro deve essere messo a disposizione dei lavoratori coinvolti nelle lavorazioni oppure dei loro RLS.
Il mancato adempimento degli obblighi di cui all’articolo 256, comma 7 del D.Lgs.81/08 costituisce un reato penale punito dall’articolo 262 comma 2, lettera c) del Decreto stesso con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 800 a 2.000 euro.
Inoltre, visto che per opere di demolizione di manufatti contenente amianto rientrano nell’ambito di applicazione del Capo III del Titolo IX del D.Lgs.81/08 (vedi sopra), ad essi si applicano tutti gli altri obblighi sanciti da tale Capo.
In particolare per il datore di lavoro della ditta che esegue la demolizione valgono i seguenti obblighi:
– esecuzione della valutazione del rischio di esposizione all’amianto e sua formalizzazione in specifico documento (articolo 249, comma 1, sanzionato in caso di mancato adempimento con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
– adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione per ridurre la dispersione di fibre di amianto nei luoghi di lavoro e nell’ambiente (articoli 251 e 252, sanzionati in caso di mancato adempimento con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
– periodica misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro al fine per verificare che non venga superato il valore limite di esposizione per l’amianto definito dall’articolo 254 (articolo 253 sanzionato in caso di mancato adempimento da parte del datore di lavoro con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
– informazione ai lavoratori relativamente ai rischi per la salute derivanti dall’amianto, alle norme igieniche e alle misure di prevenzione e protezione da adottare, all’eventuale superamento dei valori limite di esposizione (articolo 257 sanzionato in caso di mancato adempimento da parte del datore di lavoro con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
– formazione ai lavoratori relativamente a lavorazioni che possono comportare esposizione ad amianto, procedure sicure di lavoro, uso dei DPI, procedure di emergenza, necessità della sorveglianza sanitaria (articolo 258 sanzionato in caso di mancato adempimento da parte del datore di lavoro con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro);
– sorveglianza sanitaria (anamnesi individuale, esame clinico generale e in particolare del torace, esami della funzione respiratoria) preventiva e triennale (articolo 259 sanzionato in caso di mancato adempimento da parte del datore di lavoro con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro).
10. INDIVIDUAZIONE DELLE FIGURE RESPONSABILI
Come accennato in premessa, per definire le responsabilità penali e civili derivanti dalla L.257/92 e dal D.Lgs.81/08, occorre distinguere tra edifici adibiti esclusivamente ad abitazione (occupati quindi solo dagli abitanti) ed edifici adibiti ad attività lavorative (occupati quindi dai lavoratori e da eventuali ospiti o fruitori dell’edificio).
La L.257/92 definisce gli obblighi a carico dei proprietari degli edifici e il relativo apparato sanzionatorio (precedentemente riportato).
Il primo obbligo è quello del rispetto dell’articolo 12, comma 4 della L.257/92 stessa (comunicazione alla ASL dei dati relativi all’inventario dell’amianto presente negli edifici).
Il secondo obbligo è quello del rispetto delle norme prescrittive del D.M.06/09/94 (individuazione del materiale contenente amianto, valutazione del rischio, piano di controllo, cautele nelle attività intervento o bonifica su materiale contenente amianto).
Va osservato che la norma prescrittiva di cui al punto 4a) del D.M.06/09/94 (attuazione del programma di controllo) è a carico “del proprietario dell’immobile e/o del responsabile dell’attività che vi si svolge”. Si presume che il “responsabile dell’attività” sia il datore di lavoro di cui al D.Lgs.81/08.
Per quanto riguarda gli edifici privati la figura del proprietario è facilmente desumibile da una visura catastale dell’edifico.
Per quanto riguarda gli edifici pubblici, la figura del proprietario varia in funzione dell’ordinamento relativo al tipo di edificio.
In particolare per le scuole dell’infanzia e primarie il proprietario è il Comune (il cui legale rappresentante è il Sindaco ai sensi del Decreto Legislativo n. 267 del 2000), per le scuole secondarie il proprietario è la Provincia (il cui legale rappresentante è il Presidente ai sensi del Decreto Legislativo n. 267 del 2000), per gli ospedali pubblici il proprietario è l’Azienda Sanitaria Locale (il cui legale rappresentante è il Direttore generale ai sensi del Decreto Legislativo n. 502 del 1992).
Il D.Lgs.81/08 definisce invece gli obblighi a carico esclusivamente del datore di lavoro, per quanto riguarda la valutazione dei rischi e del datore di lavoro o dei dirigenti (se formalmente delegato dal datore di lavoro) per quanto riguarda gli altri obblighi.
La figura del datore di lavoro secondo il D.Lgs.81/08 è definita dall’articolo 2, comma 1, lettera b) del Decreto stesso come:
“il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”;
mentre la figura del dirigente è definita dall’articolo 2, comma 1, lettera d) del Decreto come:
“persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”.
Per aziende private, le persone fisiche che occupano il ruolo di datore di lavoro e di dirigente sono desumibili da una visura camerale e dall’ organigramma aziendale della azienda.
Per quanto riguarda le aziende pubbliche, vale quanto riportato nell’articolo 2, comma 1, lettera b) del D.Lgs.81/08 che specifica che:
“Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo”.
In merito agli obblighi a carico del datore di lavoro e del dirigente delle aziende pubbliche vale poi quanto riportato all’articolo 18, comma 3 del D.Lgs.81/08:
“Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico”.
Pertanto, relativamente agli obblighi di cui al D.Lgs.81/08, il dirigente o funzionario dei azienda pubblica è chiamato ad assolvere quelli di natura gestionale e organizzativa (nel caso presente individuazione dell’amianto, valutazione del rischio, comunicazione alla ASL, definizione del piano di controllo), mentre per gli obblighi relativi a interventi strutturali (nel caso presente manutenzioni, bonifica, rimozione di materiale contenente amianto) essi sono a carico dell’Ente proprietario, nella figura del legale rappresentante, come sopra definiti.
11. COME TUTELARSI
Relativamente ai rischi derivanti dalla presenza di materiali contenente amianto negli edifici pubblici o privati, la normativa illustrata definisce specifici obblighi a carico di proprietari e datori di lavoro per eliminare o ridurre il rischio per la salute degli occupanti l’edifico (lavoratori o visitatori) e dei lavoratori incaricati di interventi su o in prossimità dell’amianto.
Gli obblighi a carico dei proprietari degli edifici e dei datori di lavoro delle attività che si svolgono al loro interno possono essere riassunti come segue:
– valutazione preliminare della effettiva presenza di amianto, se necessario anche con campionamenti e analisi da eseguirsi da laboratori abilitati;
– specifica valutazione del rischio per la salute dei lavoratori e degli occupanti l’edificio derivanti dalla presenza di amianto;
– redazione di un inventario dell’amianto per l’edifico in esame, contenente tutti i dati necessari a individuare il rischio per gli occupanti dell’edificio
– consegna formale dell’inventario alla ASL competente per territorio;
– bonifica (incapsulamento, confinamento, rimozione) dell’amianto se a seguito della valutazione del rischio, si può ritenere che il rilascio di fibre di amianto nell’ambiente superi i limiti fissati dalla normativa;
– costante monitoraggio periodico (annuale) dello stato dei materiale contenenti amianto per tramite di responsabile amianto formalmente nominato;
– bonifica (incapsulamento, confinamento, rimozione) dell’amianto a seguito di degrado della situazione, come rilevato dal monitoraggio periodico;
– affidamento di eventuali attività di bonifica solo a ditte specializzate e abilitate formalmente e a seguito di un piano di lavoro redatto da tecnico abilitato da consegnare alla ASL competente per territorio;
– attuazione di tutte le misure necessarie per impedire che gli occupanti dell’edificio siano sottoposti ad esposizione a fibre di amianto durante l’eventuale opera di bonifica;
– avviamento dei rifiuti contenenti amianto a discariche autorizzate e con le procedure e le cautele previste dalla normativa;
– redazione di attestato di riconsegna da parte della ditta incaricata della bonifica e consegna al proprietario dell’edificio.
Il mancato adempimento di questi obblighi costituisce reato sanzionabile penalmente.
Nel caso di inadempimenti alla L.257/92, il relativo reato può essere denunciato da qualunque cittadino, ai sensi dell’articolo 333, commi 1 e 2 del Codice di Procedura Penale:
“Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale”.
Nel caso di inadempimenti relativi alla presenza di amianto negli edifici, l’autorità di vigilanza è costituita dalla ASL tramite gli ispettori del servizio di igiene e sanità pubblica e/o del servizio di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro.
Le richieste di intervento degli ispettori della ASL devono essere fatte in maniera formale, cioè con lettera scritta di denuncia di reato, inviata tramite Raccomandata RR, sia alla ASL, che, per conoscenza, al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di competenza, che ha il compito di verificare il corretto operato degli ispettori.
Gli ispettori ASL incaricati dell’accertamento di reato sono Ufficiali di Polizia Giudiziaria, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 23 dicembre 1978, n.833 che stabilisce che:
“In applicazione di quanto disposto nell’ultimo comma dell’articolo 27, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, spetta al prefetto stabilire su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi […] assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria”.
In quanto Ufficiali di Polizia Giudiziaria, gli ispettori ASL ai quali è stato formalmente comunicato il reato devono intervenire obbligatoriamente ai sensi dell’articolo 55, comma 1 del Codice di Procedura Penale:
“La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant`altro possa servire per l`applicazione della legge penale”;
Di tutti questi passi l’ASL come organismo di vigilanza deve dare comunicazione al Pubblico Ministero, come anche disposto dall’articolo 347 comma 1 del Codice di Procedura Penale:
“Acquisita la notizia di reato, la Polizia Giudiziaria, senza ritardo, riferisce al Pubblico Ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione”.
Se a seguito di denuncia formale, i funzionari ASL non intervengono, commettono a loro volta reato penale, secondo l’articolo 328 del Codice Penale:
“Il pubblico ufficiale o l`incaricato di un pubblico servizio , che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”.
In questo caso occorre denunciare il fatto alla Procura della Repubblica (cioè al Pubblico Ministero), allegando la lettera inviata alla ASL corredata della cartolina di RR e segnalando da parte dei funzionari ASL il mancato adempimento degli obblighi di cui all’articolo 20 del D.Lgs.758/94 e dell’articolo 55, comma 1 del Codice di Procedura Penale sopra citati.
Inoltre si può richiedere al Pubblico Ministero la richiesta di intervento da parte della ASL ai sensi dell’articolo 22, comma 1 del D.Lgs.758/94:
“Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza, ne dà immediata comunicazione all’organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si rende necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione”.
In caso di inadempimenti agli obblighi di cui al D.Lgs.81/08, oltre che dal singolo lavoratore o cittadino, la denuncia di reato, con i medesimi passi sopra indicati, può essere fatta dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che i lavoratori hanno la facoltà di eleggere, ai sensi dell’articolo 47, commi 2, 3, 4 del D.Lgs.81/08:
“2. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure è individuato per più aziende nell’ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto previsto dall’articolo 48.
4. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno”.
Il RLS ha la possibilità di segnalare al datore di lavoro e/o ai dirigenti ogni mancato adempimento alla normativa vigente, chiedendo loro i necessari adeguamenti.
Tale possibilità è sancita dall’articolo 50, comma 1, lettere m) ed n) del D.Lgs.81/08:
“Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
[…]
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
[…]”.
Inoltre, nel caso che a seguito di tali segnalazioni e proposte, l’azienda non provveda a ottemperare ai relativi articoli del D.Lgs.81/08, il RLS ha la facoltà di segnalare i mancati adempimenti all’organo di vigilanza (gli ispettori ASL), richiedendone l’intervento, secondo quanto stabilito dall’articolo 50, comma 1, lettera o):
“Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
[…]
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto Sicurezza sul lavoro – Know Your Rights!
Medicina Democratica