AMIANTO E INGIUSTIZIA: VERGOGNOSE ASSOLUZIONI
07/05/2018AMIANTO STORICA SENTENZA IN CASSAZIONE
16/05/2018GIUSTIZIA PER I MORTI DI AMIANTO ALLA EX CENTRALE ENEL DI TURBIGO!
PRESIDIO IN CASSAZIONE A ROMA IL 15 MAGGIO
Contro il rischio dell’ennesima “sentenza fotocopia assolutoria” presidio in Cassazione a Roma, il 15 maggio, con i familiari dei lavoratori “uccisi” dall’amianto nella ex Centrale ENEL di Turbigo-Milano. L’allarme lanciato da Medicina Democratica, AIEA- Associazione Italiana Esposti Amianto e il CNA, Comitato Nazionale Amianto, a cui aderiscono ben 23 associazioni.
” Ci troveremo tutti a Roma, il 15 maggio, davanti alla Corte di Cassazione, in Via Cavour, l’intera giornata dalle 9 alle 20, per chiedere giustizia per i lavoratori morti per mesotelioma pleurico alla Centrale ex ENEL di TURBIGO-Milano. C’è il timore fondato che venga emessa l’ennesima “sentenza fotocopia”, come le tante che hanno assolto i responsabili delle aziende, dove sono morti centinaia di lavoratori a causa dell’amianto e del mancato rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza”: è quanto denunciano gli organizzatori della manifestazione Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica, Maura Crudeli, presidente nazionale di AIEA-Onlus e Salvatore Nania, presidente nazionale del CNA,Coordinamento Nazionale Amianto.
Sono ad oggi 374 i “morti senza riposo”, uccisi dall’amianto alla FIBRONIT di Broni– Pavia, alla PIRELLI di Milano, alla ANSALDO FRANCO TOSI di Legnano e alla MONTEDISON di Mantova, e uccisi per la seconda volta da ben 4 sentenze assolutorie, emesse dal 2015 ad oggi dalla IV Sezione della Corte di Cassazione nei confronti dei dirigenti aziendali, imputati del mancato rispetto delle norme di legge, necessarie ad evitare la contaminazione dovuta alla inalazione delle pericolose fibre “killer”. Ma sono oltre 4.000 all’anno i morti per amianto in Italia, di cui 1.500 per mesotelioma e centinaia i morti “in attesa di giudizio” nei vari processi in corso da un capo all’altro dell’Italia. Morti “silenziose”, che non fanno rumore, ma è come se sparisse un intero paese ogni anno!
Una sequenza drammatica, che peraltro contraddice quanto stabilito da altre sentenze della stessa Corte di Cassazione, come quella emessa dalla III Sezione il 31 gennaio scorso, che ha invece confermato la condanna in Corte d’Appello a Torino dei manager della Centrale ENEL di Chivasso, ritenuti colpevoli della morte di 4 lavoratori. Oppure, come quelle del 2012 che confermarono le condanne per i dirigenti di FINCANTIERI a Venezia e Palermo.
“E’ una sorta di ‘schizofrenia’ giudiziaria inaccettabile- denunciano Aurora, Crudeli e Nania- contro cui con l’avvocata Laura Mara abbiamo appunto presentato ricorso in Cassazione. Chiediamo con forza che la Corte di Cassazione si pronunci a sezioni unite: occorre sciogliere una volta per tutte il “pasticcio giuridico” che vede assoluzioni e condanne per gli stessi reati. I nostri morti per l’amianto, morti per il lavoro, meritano rispetto e giustizia”.
Che cosa accadrà, quindi, martedì 15 maggio? Fra i manager imputati c’è n’è uno, Alberto Negroni, condannato al processo Chivasso, ma assolto per la medesima imputazione in Tribunale e in Appello a Milano proprio nel processo per la Centrale Ex ENEL di Turbigo!
La Cassazione lo condannerà, come sarebbe logico, o confermerà la sentenza assolutoria della Corte d’Appello di Milano? Una sentenza assurda, che da un lato ha riconosciuto la morte di 8 lavoratori per esposizione all’amianto e al mancato rispetto delle norme di legge, ma dall’altro ha sentenziato che non è dimostrabile il momento della cosiddetta “induzione”, e cioè quando il processo cancerogenetico, per ciascuno dei lavoratori deceduti, è iniziato. Quindi non si può risalire a quali dirigenti doveva essere attribuita la responsabilità della loro morte. Un vero e proprio escamotage, un “machia vello” giuridico, basato su una accezione del tutto discutibile, ritenuta errata dalla letteratura internazionale, nonché da precisi documenti scientifici nazionali, ma che sta diventando il leit motiv di troppe sentenze.