EX ILVA: UN ALTRO FUTURO E’ POSSIBILE
17/11/2019BASTA MORTI SUL LAVORO- BASTA MORTI AMIANTO
17/11/2019SCUOLE OSPEDALI PALESTRE…E AMIANTO
Il Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale dichiara che seimila persone all’anno, in Italia, muoiono a causa dell’amianto. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 125 milioni le persone esposte a rischio amianto. Questi dati sono emersi al convegno “Amianto: gestione del sistema e tutela della salute” del Consiglio Nazionale dei Geologi, tenutosi il 23 settembre scorso.
Per saperne di più abbiamo contattato Maura Crudeli, Presidente dell’AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto, che ha gentilmente risposto alle nostre domande, dopo averci dato informazioni introduttive sull’argomento:
“La Lana della Salamandra è il nome con cui spesso viene identificato l’amianto (o asbesto), perché si credeva che la Salamandra resistesse al fuoco.”
“Lo Stato non poteva (e non può) ignorare di averne autorizzato l’uso (materiali da costruzioni e tessili, elettrodomestici, caldaie, aerei, navi, elicotteri ecc…) e di conseguenza aver sottovalutato la pericolosità dell’asbesto per la salute pubblica, ma è solo con la Legge 257/92 che ne vietò la commercializzazione e l’uso. Troppo tardi!
I cittadini (lavoratori e non) da subito cominciarono ad ammalarsi ed è previsto un picco di mortalità non indifferente nel periodo 2020-2050. Sul territorio nazionale (secondo alcune stime) risulterebbero circa 32 milioni di tonnellate di amianto, con 38 mila siti a rischio che non si citano, anche se alcuni arcinoti. Non si vuole inoltre evidenziare la mancanza di aiuti statali per lo smaltimento, ad oggi molto caro per i cittadini, mentre aziende e fabbriche possono usufruire di incentivi in tal senso. Per la prevenzione e per le necessarie cure sanitarie oggi c’è disparità tra Regione e Regione. Le più preparate sono Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna ed è tutto a discrezione dei piani regionali.
Si accenna soltanto, che dal 2011 (dopo il famoso Convegno di Venezia), ancora non c’è un Testo Unico sulla materia, né un adeguamento della normativa previdenziale e di tutela ambientale.
Oggi è impossibile riconoscere l’esposizione dei lavoratori o dei cittadini secondo la normativa vigente, poiché molti siti sono dismessi, chiusi, abbandonati, ed altri bonificati senza alcun avviso per chi ha vissuto in tali luoghi. La misurazione andrebbe fatta secondo alcune regole (lavoratori in loco con macchinari e condizionatori in funzione, microscopia ottica o elettronica, ecc…).
In ambiente di vita (ospedali, scuole, uffici ecc…) basterebbe misurare soltanto 20 fibre/litro per considerare inquinato l’ambiente.
La direttiva CEE 148/2009 nel sottolineare che è un agente particolarmente pericoloso… e che non si conosce un livello al di sotto del quale non vi siano più rischi per la salute, rimanda alla IARC, la quale conferma che anche una sola fibra è pericolosa per l’uomo.
Ciò nonostante l’INPS insiste nel non voler riconoscere l’art. 13 comma 7 e rimanda la decisione o ai giudici o all’INAIL, che a sua volta ha medici poco esperti in materia, i quali spesso rifiutano il riconoscimento della malattia professionale per questioni amministrative e/o di budget, relativo alla sede INAIL interessata.
Sarebbe utile un resoconto dagli uffici legali di questi due Enti (Inps e Inail) per capire quante richieste giacciono sui tavoli della nostra Giustizia. Diversi giudici e/o magistrati (non avendo conoscenza di una materia così complessa e intricata) si affidano ai CTU, che spesso sono gli stessi medici, che furono medici aziendali dei luoghi incriminati e rischierebbero di incorrere in sanzioni penali e/o amministrative per aver chiuso gli occhi sulla salubrità del luogo di lavoro.
Quello dell’Amianto è un serpente che si mangia la coda.
Limitare il riconoscimento della malattia espositiva all’INPS o all’INAIL equivale a strozzare in anticipo seri provvedimenti. La malattia andrebbe accertata da Aziende Ospedaliere qualificate dopo i previsti esami diagnostici (TAC, marker tumorali della mesotelina serica e osteopontina o di più recenti…), senza alcun bisogno di andare in Giudizio (dove le richieste giacciono per millenni).
I due istituti INPS e INAIL dovrebbero limitarsi a convalidare la patologia accertata dalle ASL e l’INAIL corrispondere immediatamente una rendita anziché far pesare la “pensione di inabilità” sulle casse dello Stato (anche in considerazione del Bilancio Inail, dove la cifra per l’assistenza ai lavoratori è ben contenuta, rispetto ad altre voci).
Un appoggio agli ex esposti o esposti potrebbe venire da una tassazione leggera dell’Irpef e dalla possibilità di raggiungere i centri ospedalieri qualificati (non tutte le Regioni li hanno), con spese mediche e di viaggio detraibili dalla dichiarazione dei redditi.
Oggi soprattutto è importante battersi per la bonifica delle scuole e degli ospedali la cui mappatura è ancora incompleta e in alto mare.”
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Ringraziamo per la collaborazione Maura Crudeli (Presidente Aiea), Valentino Gritta (Vicepresidente Aiea) e Silvana Zambonini (Presidente Aiea Lazio).