PROCESSI AMIANTO A RISCHIO
06/03/2017ASSEGNO UNA TANTUM EREDI VITTIME MESOTELIOMA
15/03/2017Segretario nazionale Aiea e Md Fulvio Aurora e Sen Felice Casson
DALLA LEGGE 257 DEL 1992 AL DISEGNO DI LEGGE PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMIANTO IN UN TESTO UNICO (29/11/2016)
Si è tenuto in una Sala del Senato il 22 gennaio 2017 un convegno promosso dai Senatori Felice Casson e Giovanni Barozzino su proposta della associazione italiana esposti amianto (AIEA) e di Medicina Democratica (MD), al fine di esaminare il ddl di cui al titolo, per brevità Testo Unico sull’Amianto (TUA).
Vi è stata una notevole partecipazione di associazioni, sindacati, esperti. Sono state fatte diverse comunicazioni ed è stata intavolata una discussione di cui si rende conto nel documento che segue. Gli intervenuti nella quasi totalità sono stati molto critici nel merito tanto che in base a quanto è emerso si può giungere alla seguente conclusione:
a) il Tua non risponde alle esigenze che sono state poste particolarmente dalle associazioni e da molti esperti nella materia negli anni precedenti
b) ha bisogno di essere rivisto e riscritto,
c) Se ciò non avverrà, una volta che verrà posto all’attenzione e alla discussione delle commissioni parlamentari competenti ci si preoccuperà di presentare, tramite i parlamentari disponibili, emendamenti abrogativi di sue parti e rifacimenti di articoli, come dall’analisi e dalle critiche che seguono.
Tutto ciò viene proposto al CNA (Coordinamento Nazionale Amianto) e agli esperti che sono intervenuti e a quelli che hanno inviato il loro commento.
PREMESSA
L’ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO, NATA NEL 1989 A CASALE MONFERRATO CON IL NOME DI ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO, CON SEDE A MILANO IN VIA DEI CARRACCI, SI E’ DA SUBITO MOBILITATA PER LA MESSA AL BANDO DELL’AMIANTO.
In relazione con Medicina Democratica, il cui fondatore, Giulio Maccacaro, fu quello che per primo portò l’epidemiologia in Italia: MD interloquendo con gli epidemiologi dell’Istituto dei Tumori di Milano, conobbe come l’esposizione all’amianto portasse in tempi diversi medi e lunghi, colpire con malattie anche gravi coloro che erano ad esso esposti. Una vicenda nota da anni, ma che gli interessi dei produttori aveva nascosto in mille modi. A partire dagli anni 60 soprattutto dopo il convegno internazionale di New York del 1964, iniziò a partire un movimento che progressivamente si manifestò con iniziative culturali e di lotta allo scopo di chiedere all’Istituzione statuale di mettere al bando l’amianto. Ciò non fu semplice. L’Italia solo nel 1992 con la legge 257 arrivò a stabilire che l’amianto non poteva essere più prodotto e quindi il suo uso doveva cessare.
L’AEA si impegnò, già nel 1990, in interlocuzione con alcuni parlamentari, a predisporre una proposta di legge che venne presentata dall’onorevole Bianca Guidetti Serra, già avvocato penalista di Torino, fra i primi ad aver portato il problema anche in Tribunale.Varie furono le proposte che unificate portarono al testo approvato – con fatica – nel 1992.Ma anche il seguito, ovvero la sua applicazione non fu facile, si scoprì che la diffusione dell’amianto era immane, che i colpiti numerosi, che ci sarebbero voluti anni, forse decenni, per togliere l’amianto dal territorio e che altrettanti e più anni sarebbero stati necessari per fare cessare l’epidemia di malattie asbesto correlate. Ad ancora oggi il problema non è stato risolto; passi avanti nella coscienza collettiva sono stati fatti, meno in quella politica tanto che si deve ancora continuare a lottare per trovare una soluzione ai molteplici problemi posti dalla presenza di amianto in termini di di salute, di ambiente, di previdenza sociale e di giustizia.
L’AEA diffusasi a macchia di leopardo in tutto il territorio nazionale continuò a lottare e a porre problemi.
Una seconda tappa fu lo svolgimento della Prima Conferenza nazionale sull’Amianto indetta a Roma , con ritardo, dal governo (Ministero della Sanità) nel 1999 da cui derivò un documento propositivo attuativo della legge. L’AEA fu invitata e partecipò. Negli anni successivi il problema venne trasmesso anche alle regioni che avevano non poche competenze in merito. Per iniziativa ancora dell’AEA venne approvata la prima legge regionale in Friuli Venezia Giulia (grandemente colpita da malattie da amianto a Monfalcone e Trieste) nel 2002 e in seguito vennero approvate altre leggi e predisposti piani regionali amianto anche se non in tutte le regioeni.
Altre associazioni e movimenti contro l’amianto nacquero e, nel silenzio dello Stato, venne organizzata fra associazioni e sindacati la prima conferenza nazionale non governativa nel 2004 a Monfalcone, cui seguì quella europea a Bruxelles nel 2005, senza dimenticare che nel 1993 era nata la Rete Ban Asbestos a San Paolo del Brasile. Il problema dell’amianto era ed è un problema mondiale. Si prese coscienza della che la regia della produzione dell’amianto era avvenuta ad opera della multinazionale svizzera ETERNIT retta dalla famiglia Schmidheyni.
Molti furono gli incontri, i convegni, le manifestazioni nazionali ed internazionali in tema di amianto. Nel 2011 le associazioni unitamente a molti esperti nella materia sanitaria, ambientale e previdenziale fondarono la rete nazionale CNA (Coordinamento Nazionale Amianto) che sollecitò il governo ad organizzare una nuova conferenza nazionale. La richiesta venne accolta e la Conferenza venne celebrata a Venezia nell’anno successivo. Vennero prese importanti decisioni che stentarono ed essere pratica dietro il principale motivo della mancanza di finanziamenti.
Nel frattempo furono implementati numerosi processi contro i responsabili delle malattie e della morte di centinaia, a volte migliaia, di lavoratori e cittadini ex esposti. Il principale fu quello contro il già citato responsabile di ETERNIT non ancora completato nel suo difficilissimo iter anche se il primo e più importante processo contro Schmidheiny andò prescritto e il suddetto, uno degli uomini più ricchi del mondo, continuò a viaggiare liberamente.
E veniamo ora al TUA, quale disegno di legge, presentato in senato il 29.11.2016 ad opera della Commissione parlamentare sugli infortuni e malattie professionali. Nel convegno del 22 febbraio scorso cui hanno partecipato molti esperti e molte associazioni si esplicitò una prima critica: nonostante tutto il lavoro, l’iniziativa e lotte fatte contro l’amianto, i principali protagonisti, cioè le associazioni e i sindacati, vennero tagliati fuori. Nel corso del convegno – comprendendo anche i documenti spediti da chi non aveva potuto partecipare -, le critiche non più di metodo, ma di merito furono e sono tanto pertinenti quanto pesanti.
- Perché un Testo Unico? Poniamoci il problema dall’inizio. Sono già alcuni anni che se ne parla. L’esigenza di mettere insieme tutte le norme valide dalla legge 257 ad oggi, è un’esigenza evidente; ma è altrettanto evidente che si sarebbero dovuto risolvere anche alcuni problemi nodali che sono rimasti aperti, per questo le associazioni e i comitati impegnati nella lotta per la definitiva eliminazione dell’amianto, nonché per tutti i temi (ambientali, sanitari, previdenziali e giuridici) connessi, avrebbero dovuto essere informate e coinvolte fin dall’inizio.
- Nonostante la lunghezza del testo (144 pagine), alcuni di questi essenziali di cui abbiamo parlato, riportati anche in altre proposte di legge (nella fattispecie quella sulla quale siamo stati impegnati, la n. 1645 del 2012), non sono emersi, né affrontati. Perché tante pagine: le leggi dovrebbero essere lette e comprese da tutti, non solo dai giuristi, quindi devono essere scritte semplicemente, come la nostra Costituzione del 1948. Ci permettiamo di dire che oggi non è così: la gran parte delle leggi sono lunghe, complesse, barbose, a volte confondenti, a volte, come nel caso di cui parliamo, non rispondono alle domande più pregnanti. Potremmo dire che si tratta di un problema politico legato ad accontentare o a non scontentare “i padroni del vapore. Queste le domande principali senza risposte:
a) Il rischio zero (per l’amianto e per tutti i cancerogeni). L’idea che per l’amianto una volta fissato il valore limite secondo i diversi tipi di impiego è sufficiente, per le imprese responsabili, restarne al di sotto, per evitare problemi. Il Valore Limite on garantisce la salute degli esposti. Esso va inteso come segnalazione della pericolosità dell’amianto: il datore di lavoro non esaurisce la sua responsabilità se lo rispetta e, se lo supera, la sua responsabilità è aggravata. Il lavoratore può essere comunque contaminato. Non sono accettabili i discorsi che fa INAIL quando lega il riconoscimento delle malattie professionali o dei benefici previdenziali ai lavoratori esposti a meno di 100 f/l per 8 ore al giorno.
b) L’INAIL come ente che riconosce ed ente che stabilisce il diritto ad accedere alla rendita o al beneficio si trova in conflitto di interessi, quindi deve essere sollevata da tale compito che invece, come già aveva stabilito la legge di riforma sanitaria del 1978 deve essere posto in capo ai servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro delle USL (ora ASL).
c) Occorre stabilire il superamento dei termini di prescrizione: per l’amianto e più in generale per i reati che riguardano la tutela della salute nei luoghi di lavoro la prescrizione deve essere sospesa dopo il primo grado di giudizio e deve iniziare da quando si ha avuto notizia del reato come meglio verrà precisato in seguito.
d) I benefici previdenziali di cui alla legge 257/92 (articolo 13 comma 8) sono stati fonte di grande speranza di giustizia per i lavoratori ex esposti all’amianto, ma la loro applicazione è stata confusa e discriminante. Non si è voluto capire quale era la ragione di questa norma fondata nella dimostrata minore speranza di vita dei lavoratori ex esposti all’amianto. Per questo l’ex esposto poteva avere abbreviato il tempo di lavoro, ed andare in pensione in anticipo. Una sorta di risarcimento – anche tardivo – per l’esposizione indebita cui è stato sottoposto. IL TUA avrebbe dovuto rispondere a questa domanda e sanare una situazione ingiusta e tramite la riapertura dei termini per presentare la domanda, per dare la possibilità di riconoscere gli ex esposti andati in pensione prima del 1992, per allargare il diritto a tutti gli esposti di superare il minimo dei 10 anni di esposizione; tutto quanto, in altri termini previsto dal ddl 1645 del 2014 (Casson e altri).
e) Lo smaltimento dell’amianto è uno dei problemi maggiori che ci si trova ad affrontare. Non sono chiare le direttive che promanano: si deve definire con intervento del Ministero dell’ambiente tutti i possibili luoghi di smaltimento in sicurezza; finalmente si devono definire le modalità di sperimentazione e implementazione di forme alternative di smaltimento, in primis le diverse forme di inertizzazione. Non viene spiegato la grande possibilità che deriva dal sostituire i tetti in eternit con pannelli forovoltaici.
Seguono i vari interventi nel documento allegato:
Fabrizio Protti Sportello Amianto Nazionale